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«Inutile meravigliarsi li abbiamo spinti noi»

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Sabatopomeriggio. Gianfranco Rotondi, ministro per l'Attuazione del programma, segue il tam tam di commenti all'intervista di Pier Ferdinando Casini, dove il leader dei centristi si dice favorevole alle alleanze con il Pd, in alcune città coinvolte nei prossimi ballottaggi. In primis, Bari e Torino. «Non mi sembra una cosa dell'altro mondo, e neanche tanto una sorpresa». No? «No. Mi sembra legittimo che un partito non inquadrato in una coalizione faccia le sue scelte. È una decisione sbagliata ma di certo non grido al tradimento». Non lo fa lei, ma molti suoi colleghi sono sul piede di guerra contro l'apertura di Casini al centrosinistra. «Casini è stato per tanto tempo un nostro alleato, e poi ha scelto di prendere strade diverse. Detto questo, trovo singolare che da una parte si attacchi l'Udc e dall'altra se ne pretenda l'alleanza». Quindi ministro, è un po' colpa vostra se l'Udc va in questa direzione... «Guardi, bisogna osservare con attenzione i risultati delle ultime elezioni. In Campania, per esempio, regione dove il Pdl è andato meglio, arrivando al 42%, l'alleanza con l'Udc ha avuto il suo peso. Questo grazie a persone come Mara Carfagna o Nicola Cosentino, che hanno saputo mantenere il rapporto con loro». C'è anche da dire che se per le politiche il Pdl ha fatto a meno dell'Udc, in qualche modo il partito di Casini si sente autorizzato a muoversi come meglio crede. «Quello delle politiche è un discorso a sè. Bisogna infatti distinguere la politica nazionale da quella locale». Tradotto, politiche no, amministrative sì? «Il modello messo in campo per le elezioni politiche, è stato quello di un partito incentrato sul suo leader, la figura vincente. Da qui la lista Berlusconi, e poi il partito creato su questo schema, nato senza apparentare nessuno. Della serie, o dentro o fuori. Casini ha scelto di stare fuori, e va bene così. Per le amministrative il discorso è diverso. E non credo che per il Pdl, che ha già diverse alleanze sul territorio, cambi qualcosa se ne ha una in più». La mossa di Casini è pura strategia o c'è qualcosa d'altro dietro? «Anche se la capisco, resta per me una decisione sbagliata. Facendo così, Casini si ritroverà in mano un partito a macchia di leopardo. Con un'unica strada all'orizzonte, quella della scissione. Dubito che l'anno prossimo, laddove l'Udc ora si schiera con il Pd, possa poi scendere in campo accanto al Pdl. E viceversa». Secondo l'Udc sarebbe la Lega la vera causa della chiusura da parte del Pdl. È vero? «No, assolutamente. Bossi, nei giorni scorsi, ha detto anche che la cosa per lui importante era vincere, lasciando intravedere una sorta di apertura all'Udc. Guardassero meglio le cose in casa, a Michele Vietti, che in Piemonte sta giocando le sue carte con il centrosinistra, nella speranza di essere l'erede di Lorenzo Cesa». Rispettando il motto «o dentro o fuori», l'anno prossimo per le regionali, ancora Udc fuori? «Vedremo. Intanto, per il Piemonte, regione dove l'Udc si schiera ora con il Pd, io proporrò a Silvio Berlusconi di avere una mia lista. Si chiamerà: "Piemonte con Rotondi". Questo proprio per raccogliere tutti gli elettori Udc delusi dal loro passaggio a sinistra. In fondo, l'Udc in Piemonte ha solo il 4%».

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