Il Cavaliere saprà reagire agli attacchi

Sono stati diversi i momenti in cui la sua epopea sembrava volgere ad ineluttabile tramonto, salvo poi affacciarsi una nuova alba. Il periodo a cavallo fra il 2008 e il 2009 ha comunque segnato il momento di maggiore gratificazione per il premier: il ritorno al governo con un trionfo elettorale, la costituzione del Pdl, una maggioranza molto più compatta senza l’Udc ed una luna di miele con gli italiani particolarmente lunga ed intensa. Sebbene i risultati della scorsa settimana confermino il suo radicamento nell’elettorato italiano, l’impressione è che l’incantesimo magico che lo legava alla grande maggioranza degli italiani si sia spezzato. Ed è proprio lo stato maggiore del governo e del Pdl a comunicare la sensazione del pattinaggio su un ghiaccio che scricchiola. Il fatto che il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini abbia voluto rilasciare proprio a Repubblica, il quotidiano oggi più impegnato nella campagna anti-premier, un’intervista in cui attribuisce valore politico alla scelta del suo partito di sostenere al ballottaggio alcuni candidati del Pd, non va affatto trascurato. Dinanzi ad un Pdl che si attesta – in condizioni relativamente avverse – al 35%, ad un Pd che scende ancora al 26% ed ad un largo successo amministrativo del centrodestra, sarebbe stato naturale pensare che l’Udc avrebbe cercato una riconciliazione proprio con lo schieramento con cui ha comunque condiviso dodici anni di collaborazione. Il prevalere dell’opzione Pd è una novità politica assoluta per Casini e per Cesa: non è una scelta definitiva ma è un segnale forte. Per la prima volta sono i centristi a lanciare il guanto di sfida a Berlusconi, e per il premier è il segno che il suo appeal non è irresistibile. Al dato Udc va inevitabilmente aggiunto pure quello relativo a Fini. L’attuale inquilino di palazzo Montecitorio si era presentato al congresso del Pdl con la chiara idea di rappresentare una «minoranza» ancorchè non subalterna. Anche qui, qualcosa è cambiato. La reazione di Fini agli eccessi di Gheddafi gli hanno consegnato un ruolo probabilmente persino inatteso o insperato. E se Berlusconi ha ben donde d’essere preoccupato dall’effetto tenaglia a causa della saldatura (anche solo temporale) fra segmenti importanti di magistratura, editoria, finanza e diplomazia, può sempre contare su una garanzia: la totale assenza del Pd. Il partito guidato pro-tempore da Franceschini è così lacerato al suo interno e pronto a bruciare qualunque ipotesi costruttiva o innovativa, da restare l’alleato migliore del presidente del Consiglio. Ad ogni modo, la politica italiana sembra aver ritrovato un suo movimento – anche se per ora solo centrifugo – e Berlusconi farebbe bene a non sottovalutare il fronte sempre più ampio dei suoi avversari. Questi ultimi, a loro volta, dovrebbero sapere per esperienze passate che il leader del Pdl non si fa mettere da parte tanto facilmente.