Gheddafi ritarda, Fini annulla
Blitz di Berlusconi nella tenda
Due ore. Centoventi insopportabili minuti di attesa. Troppo, anche considerando la serie di puntuali ritardi collezionati dal leader libico durante la sua visita in Italia. Un'inaccettabile mancanza di rispetto per i rappresentanti del popolo italiano. Così la vive il presidente della Camera, Gianfranco Fini. Segue un pomeriggio di tensioni e di giustificazioni contradditorie che si concludono, a tarda sera, con la visita del premier Berlusconi al leader africano. Un lungo colloquio nella tenda allestita a Villa Pamphili. Ma torniamo alle ore in cui il presidente della Camera ha atteso invano con Massimo D'Alema mentre nella Sala della Lupa di Montecitorio i presenti vociferano, si lamentano, parlano di «offesa alle istituzioni». Qualcuno abbandona perfino il palazzo. Alle 18,30 la terza carica dello Stato attraversa a lunghe falcate il corridoio con il volto scuro, afferra il microfono e, nel silenzio improvvisamente calato in sala, lancia un annuncio che esplode come una bomba: «La manifestazione è annullata». L'arrivo della «guida rivoluzionaria» è previsto per le 16,30. Ma già Muammar Gheddafi giunge tardi in viale dell'Astronomia, nella sede della Confindustria, primo appuntamento della sua terza giornata romana. Recupera un po' all'Auditorium della Musica. Poi, però, resta a lungo, troppo a lungo nella sua tenda beduina di Villa Pamphili. E, alle sei e mezza, Fini decide di mandare all'aria l'incontro alla Camera e il convegno organizzato dalle fondazioni «Medidea» e «Italianieuropei» con la presenza, tra gli altri, di Pisanu e D'Alema: «Considerato che il ritardo di due ore di Muammar Gheddafi non è stato giustificato in alcun modo, non si terrà alcuna iniziativa - spiega con voce ferma e un po' aspra - Considero annullata la manifestazione assumendomene la responsabilità nel pieno rispetto di quello che ritengo sia il ruolo di un Parlamento in una democrazia». Frasi salutate da un applauso caloroso e liberatorio e da qualche «bravo!». E, poco dopo, le agenzie battono dichiarazioni di apprezzamento bipartisan per il comportamento dell'ex presidente di An. Più tardi Fini cerca il presidente della Repubblica Napolitano, che era impegnato a Napoli, e il presidente del Consiglio Berlusconi, con cui ha un colloquio. Il premier avrebbe «pienamente compreso» le ragioni del presidente della Camera. D'altra parte, se Gheddafi fosse stato puntuale, Fini lo avrebbe accolto comunque con durezza. Il discorso che aveva preparato non era certo un esempio di piaggeria e rintuzzava una dopo l'altra le affermazioni che il Colonnello ha fatto in questi giorni: «Le democrazie, a partire da quella americana, possono sbagliare, ma certo non possono essere paragonate ai terroristi - avrebbe detto Fini - Gli italiani, cattolici ed ebrei che hanno lasciato la Libia costituiscono una preziosa risorsa per il futuro delle relazioni bilaterali» anche perché «hanno contribuito con il loro lavoro alla prosperità del Paese e hanno sofferto pagando responsabilità non loro». E, per concludere, se avesse parlato, il presidente della Camera avrebbe chiesto «che una delegazione dei deputati italiani possa recarsi presto in visita a campi libici di raccolta degli immigrati, per verificare il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo, sanciti dalle Nazioni Unite e dal Trattato di Bengasi, con particolare riguardo ai richiedenti asilo e ai perseguitati politici». Niente male, come benvenuto. Dopo l'annullamento dell'incontro a Montecitorio nasce un giallo sui motivi della mancata presenza del Colonnello. «Vado io da Gheddafi, passo a salutarlo. Si è sentito poco bene», spuega D'Alema alle 19. Pisanu, presente all'incontro «molto cordiale» che si è svolto nel tendone fra lui, il leader libico e l'ex leader Ds, riferisce ai giornalisti che «Gheddafi si è scusato per l'accaduto». Alle 20,30, poi, l'ambasciata «della Gran Jamahiria araba libica popolare socialista in Italia chiarisce che il ritardo è dovuto al fatto che il Leader doveva fare la preghiera Al-Assar (del pomeriggio) del venerdì, che ha coinciso con gli orari degli incontri». Incontri previsti e saltati come quello di oggi con l'amministratore delegato dell'Eni, Paolo Scaroni. Un «faccia a faccia» tra gli appuntamenti più attesi del tour gheddafiano, considerando la stretta collaborazione tra l'Ente nazionale idrocarburi e la Libia. Ma che invece salterà. L'imprevedibile capo di stato social-rivoluzionario, infatti, «avrebbe» deciso di lasciare la Capitale in mattinata, con un leggero anticipo rispetto al previsto. Non prima, però, di gustarsi Roma di notte. Poco prima delle 22, il Colonnello arriva nel centro della Capitale, in doppiopetto, camicia rossa e con sulle spalle una stola nera, con la sua scorta a cui si aggiunge, rapida, la sicurezza italiana. «Volevo vedere Roma di notte» spiega prima di entrare e pranzare con quaranta persone e a Il Bolognese di piazza del Popolo. All'uscita, per lui, qualche applauso e una mamma con la figlia dal braccio ingessato a cui il leader fa una carezza e promette l'invio della foto appena scattata. La giornata sembra finita, quando arriva l'ennesimo colpo di scena, il colloquio con Silvio Berlusconi.