Torna la guerra sulla Giustizia
Ancora una volta il terreno su cui si gioca lo scontro è quello della Giustizia. Patata bollente, spesso al centro della querelle tra politica e magistratura. Se in mattinata alla Camera, tra insulti e schiamazzi da parte dell'opposizione, viene approvato il maxi emendamento sulle intercettazioni, in serata tre consiglieri del Csm rassegnano le proprie dimissioni. Un gesto in polemica con le dichiarazioni del ministro della Giustizia Angelino Alfano che, in un'intervista televisiva, parla di nomine lottizzate ai vertici degli uffici giudiziari e di un planning, cioè una spartizione sistematica. L'aria si surriscalda. E il Capo dello Stato Giorgio Napolitano commenta: «Mi riservo di esaminare il testo approvato e di seguire l'iter che avrà in Parlamento, per prendere poi le decisioni che mi competono. Certo, ci sono molte cose da difendere e molte cose da rinnovare». Per ora il governo tira dritto: a cominciare dal presidente del Consiglio, presente ieri pomeriggio nell'Aula della Camera al momento del voto. A dimostrazione di come, sulla giustizia, Berlusconi abbia le idee molto chiare. Da qui il suo refrain: «Siamo davanti ad una giustizia che colpisce ad orologeria», un campo che deve essere cambiato con una riforma, «già pronta e prioritaria per il governo». Innanzitutto il capitolo intercettazioni. Un disegno di legge che passa con alcune sorprese. Non quelle che governo e maggioranza temevano, però. Il provvedimento su cui si sono scatenate le proteste della magistratura e di tutta l'opposizione, ha passato indenne la temuta votazione di Montecitorio ottenendo anzi 21 sì in più rispetto al numero dei deputati di Pdl e Lega. Esulta il ministro della Giustizia, Angelino Alfano: «Significa che circa il 20% dell'opposizione condivide le nostre tesi. Il voto segreto ci ha premiato». A presenziare al voto finale a scrutinio segreto è arrivato anche Berlusconi, sostenitore numero uno della stretta sulle intercettazioni disciplinata dal provvedimento appena approvato. La maggioranza ha votato compatta a favore e, anzi, il disegno di legge ha raccolto 318 voti a favore, 21 voti in più rispetto ai presenti in Aula della maggioranza. «Tutti dell'opposizione», secondo il Pdl. Solo 17, secondo calcoli ufficiosi del Pd. Per il capo del Governo si tratta di un grandissimo successo, un risultato assoluto. Tabulati alla mano, il premier riflette ad alta voce: questo voto segreto poteva essere insidioso per noi, e invece alla fine è andato a nostro favore. Il premier, che subito dopo il voto si è intrattenuto a parlare con alcuni parlamentari Pdl, ribadisce la necessità di chiudere in fretta al Senato, in modo da avviare in parallelo un rapido cammino delle riforme istituzionali. Il brillante risultato delle amministrative, che Berlusconi spera di bissare nei ballottaggi del 20-21 giugno, ha rimesso di buon umore il Cavaliere. «Gli italiani ci hanno riconfermato la fiducia, continuiamo a lavorare per ammodernare il paese. Il nostro è un governo di poche parole e molti fatti», era stato l'ottimistico saluto rivolto al mattino alla Assemblea di Confartigianato. Ancora di ottimo umore, il Cavaliere arriva in serata a Palazzo Chigi, dove lo attendono i vertici di Fiat Luca Cordero di Montezemolo, Sergio Marchionne e John Elkann, arrivati in Cinquecento decappottabile per presentare la flotta di auto offerta dall'azienda torinese ai grandi del G8. Nessun commento sulle dimissioni dei tre consiglieri del Csm: nè ufficiale, nè ufficioso. Si aspetta ora di sapere se ci sarà una presa di posizione da parte di Giorgio Napolitano. Intanto, girano alcune indiscrezioni sulla lettera di ribellione scritta dai consiglieri, Giuseppe Maria Berruti, Ezia Maccora e Vincenzo Siniscalchi, dove i tre esprimono allarme per il livello dello scontro tra magistratura e politica. E ancora una volta, ci risiamo.