Mussolini: "Chiederò al Colonnello la metà di ciò che ha tolto a mio nonno"
«Andrò appositamente all'Auditorium per guardarlo in faccia e presentargli il mio conto personale». Scatenata, come sempre, l'on. Alessandra Mussolini. Ma questa volta il motivo della sua protesta, condotta peraltro sul filo di una straordinaria ironia, ha radici storiche troppo profonde per essere scambiata con una querelle qualsiasi. Così, il deputato del Pdl andrà domani mattina nella Sala Sinopoli insieme con altre mille donne italiane invitate dal «colonnello». Cosa dirà a Gheddafi? «Gli chiederò semplicemente i danni per tutto quello che ha costruito mio nonno. Perché lui sa benissimo che io sono la nipote». Ha già quantificato la cifra? «No, ma diciamo la metà di quanto estorto al nostro governo. Comunque, una bella somma» (sorride). Ora che la sua presenza è ufficiale, non teme di fallire l'incontro? «Lei non mi conosce, non c'è servizio d'ordine che tenga con me». Chiederà di prendere la parola? «Me la prenderò e basta. Visto che i suoi incontri non prevedono contraddittori». Poteva trovare un'altra occasione? «No, impossibile. Peccato che abbia scelto di andare solo al Senato: se fosse venuto alla Camera avrebbe trovato pane per i suoi denti. Non a caso, sono stata l'unico deputato a dare voto contrario sull'accordo italo-libico». Una cosa che vorrebbe dire e che forse riuscirà a dire a Gheddafi. «Che si prenda Noemi e le veline e che ci lasci le nostre "carampane"». Ma il «cavaliere» non è preoccupato da questo suo «chiarimento» col colonnello? «No, Berlusconi sa benissimo che il mio è un caso storico, una questione d'onore che riguarda la mia famiglia e, dunque, mi tocca a livello molto personale». Cosa le ha dato più fastidio della visita di Gheddafi a Roma? «La tenda a Villa Pamphili». E cosa le avrebbe fatto piacere? «Che fosse arrivato con i cammelli a Montecitorio». Più in generale, cosa pensa della situazione delle donne in Libia? «Prima di pensare a loro, rivolgo un pensiero ai bambini libici che arrivano in Italia con gravi problemi per aver ingoiato addirittura del carburante. Una vergogna, eredità quotidiana di quel regime. Le donne? Sono grandi anche in Libia, pur se in apparenza sottomesse». Cosa consiglia loro? «Non solo di avere coraggio. Di lavorare come si faceva una volta in modo carbonaro, facendo gruppo, avendo anche slanci significativi e maggiori contatti con le donne d'Europa».