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Lui pianta la tenda. Noi giochiamoci questa buona mano

Gheddafi

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È proprio vero che nella vita non si sa mai. Pochi anni fa, un battito di ciglia per la storia, la Libia del terribile Colonnello Gheddafi era una delle più temibili centrali del terrorismo internazionale. Dalle spiagge nordafricane partivano navi cariche di armi, come nel caso della motonave Eksund, bloccata nel 1987 con oltre centoventi tonnellate di armi, decine di missili antiaerei e oltre trenta razzi anticarro, destinati ai secessionisti irlandesi dell'IRA. Nel dicembre del 1985 i libici fornirono supporto al gruppo terroristico di Abu Nidal, responsabile per le stragi avvenute agli aeroporti di Vienna e Fiumicino. Durante il massacro avvenuto allo scalo romano, persero la vita 16 persone e furono un centinaio i feriti. La Libia di Gheddafi ha successivamente incrociato le spade con l'America di Ronald Reagan. Il presidente statunitense, notoriamente un falco arrivò, a far colpire direttamente la capitale libica dai caccia F-111 di stanza in Gran Bretagna. I libici risposero con il lancio di due missili SCUD contro la Stazione della Guardia Costiera americana situata presso la nostra isola di Lampedusa, arrivando fortunatamente corti sul bersaglio e cadendo in mare. I servizi libici successivamente pianificarono e condussero l'attentato che portò all'esplosione in volo del volo Pan Am 103 sopra la cittadina scozzese di Lockerbie. In questo terribile evento persero la vita duecentosettanta innocenti. Ma la politica è come il mare, non si ferma mai, ed oggi il Colonnello è tornato a fare parte dei buoni, viene per questo ricevuto con tutti gli onori nel nostro Paese. Acqua ne è passata sotto i ponti, ma soprattutto vi è la necessità di due nazioni che, tra alti e bassi, forse più bassi, dalla fine del secondo conflitto mondiale si avvicinano e poi si allontanano ma senza mai perdersi di vista. Il Colonnello pianta la sua enorme tenda nel centro di Roma e questa potrebbe essere un'occasione da non perdere. Diciamolo con un pizzico di malizia, abbiamo la sensazione che il nostro ospite libico arrivi con la valigia piena di valuta pregiata in soccorso, secondo cortese richiesta, di qualche pezzo pregiato del nostro comparto industriale. Non scandalizziamoci, non è la prima volta che dal deserto libico arriva una provvidenziale boccata di ossigeno per l'industria nazionale, gli affari sono, e sempre rimarranno, affari. Quello che conta sarà non perdere il pallino in questa occasione. La diplomazia italiana palese e non, che sinceramente plaudiamo per la straordinaria pazienza nei rapporti con la controparte libica, è riuscita dove il bastone americano e le molte carote francesi hanno sino a qui, se non fallito, certamente non raggiunto l'obiettivo. La nuova Libia ha bisogno di tutto, infrastrutture, macchinari ad alta tecnologia, telecomunicazioni, veicoli, aerei e armi. Mi rendo conto che alla parola “arma” buona parte della classe politica italiana inorridisca, ma alla nostra industria della Difesa occorre una robusta iniezione di cash, Soldi che lo Stato italiano non è, per una serie di ragioni, in grado di fornire. Visti i chiari di luna della nuova Amministrazione Obama, che ha sensibilmente tagliato importanti commesse italiane, forse sarebbe il caso di applicare la sana Realpolitik e promuovere il made in Italy, tutto il made in Italy. Sarkozy e Gordon Brown fanno i salti mortali per supportare l'industria della Difesa nazionale ed ottenere cospicui contratti. Ma a parte gli affari sarà determinante anche vedere quali siano le strategie libiche per quanto attiene alla lotta contro l'immigrazione. Su questo fronte si gioca nello Stivale una partita politica in seno alla PdL che potrebbe avere interessanti risvolti a seconda di quanto Gheddafi vorrà o sarà pronto a fare. Certamente l'Italia non potrà continuare ad essere la trincea dell'Europa e una vera cooperazione con la Libia dovrebbe alleggerire nel medio termine la pressione. Gheddafi presumibilmente prometterà molto e chiederà subito concreti riscontri. Legare aiuti e supporti ad una sua coerente politica del contenimento della montante marea proveniente dall'Africa sub sahariana non sarebbe una cattiva idea. In ultimo l'Energia. Più cresciamo maggiore è la nostra fame di risorse. La Libia è già un nostro partner privilegiato, sfruttare l'occasione per stringere ulteriormente i contatti, è certamente opportuno. Il Colonnello la tenda la sta per piantare, il nostro Governo ha certamente una buona mano da giocare. Deve solo ricordare che nel mondo arabo la negoziazione è lunga e spesso estenuante, ma alla fine se si è abili il risultato lo si porta a casa. Ci vuole solo tanta, tanta pazienza.

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