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Dunque, tace il presidente della Camera.

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Unalunga per esempio con Andrea Ronchi, ministro delle Politiche Comunitarie. Ufficialmente quindi non ci sono conferme sui commenti del co-fondatore del Pdl. Ma è facile immaginare che lui, sempre molto prudente nell'indicare percentuali e obiettivi di voto, sarà rimasto impressionato dal Berlusconi che poneva l'asticella delle sue previsioni oltre il 40%, addirittura anche verso il 45. Perché nel mondo che fa capo all'ex leader di An non si valuta tanto negativamente il risultato dele elezioni Europee. Sarebbe bastato dire che si cercava la conferma del voto dell'anno scorso, ragiona per esempio Ignazio La Russa, e tutti avrebbero parlato di un grande successo. L'aspettativa esagerata ha camuffato il pur consolidamento del primo partito italiano. C'è poi il fatto che il Pdl non cresce e al contrario cresce la Lega. E qui di apre un'altra partita. Che esplicitamente dichiara Flavia Perina, direttore del Secolo e tra i deputati maggiormente in sintonia con Fini: «È chiaro che questo voto segna una svolta nei rapporti con la Lega. Guardiamo i numeri. Il Pdl ha perso 3 milioni di voti, anche se vedo Lupi che in tv dice che sono solo 2. Sono 3. Di questi la Lega se ne prende appena 150mila. Conclusione: è falso sostenere che i voti che abbiamo perso noi li ha presi Bossi. non è così. Noi abbiamo perso voti, c'è un mucchio di gente che non ci ha votato. E questo impone una riflessione». Un attimo di pausa e la Perina spiega: «Ovvero che non è possibile inseguire la Lega sulla strada delle urla. Il nostro elettorato non ci chiede quello. Guardate al Veneto. Perché è stato frenato l'assalto della Lega. Perché lì c'è Galan e il coordinatore regionale Galan che non hanno mai parlato di ronde». Dal Veneto al Friuli, l'argomento non cambia. Attacca Roberto Menia, sottosegretario all'Ambiente e vicecoordinatore a Trieste, grande amico di Fini anche se non sempre in sintonia con lui: «È stato un errore aver disciolto il patrimonio di An dentro il Pdl. È palese che ora manchi una forza di destra nazionale a contrappeso della Lega. Una parte sostanziosa di quel bacino elettorale è evidentemente in libera uscita e l'effetto paradossale dell'operazione è quello di uno spostamento del baricentro della maggioranza di governo verso la Lega». Ma Barbara Saltamartini, deputata di origine aennina tendenza Alemanno, glissa: «Non cambierà l'agenda di governo, ma qualcosa nell'organizzazione del partito. Frena Mario Landolfi, ex ministro del Sud (è del Casertano): «Non esageriamo, la Lega non ha fatto una campagna contro di noi». La Russa invece butta acqua sul fuoco. E fa una lunga premessa: «Noi abbiamo perso il 2%, la Lega ha guadagnato il 2%. Anzitutto, non ho visto nessuna nostra sconfitta e nessun trionfo. Cominciamo da qui». E vabbè, cominciamo da qui, e poi? «Quei due punti la Lega ne guadagna uno per il fatto di aver fatto liste in tutta Italia. Nel Lazio, dove ha preso un 1,06, nell'Italia centrale quasi il 3%. E l'altro 1% proviene dallo sfondamento in Emilia. Non deve cambiare l'agenda di governo perché tra noi e la Lega è la stessa. Se non chiedevano loro di intervenire sull'immigrazione, lo facevo io. Semmai deve cambiare qualcosa è nel rivendicare i risultati, non esistono provvedimenti solo della Lega. Fini chiede di completare l'azione. Non solo respingimenti, anche integrazione». In serata sul sito della fondazione Fare futuro, quella che fa capo a Fini, compare un corsivo dal titolo eloquente: «Quella trazione leghista che ha dimenticato il Sud». Quindi si legge: «L'interpretazione del dato elettorale del Pdl è semplice. Ha retto bene l'impatto della situazione economica, delle vicende extrapolitiche di Silvio Berlusconi, dello scarso appeal che l'Ue esercita sugli elettori». Quindi parte l'affondo: «Sarebbe però un errore grave se non si riflettesse seriamente e da subito su due fatti politici che sono strettamente collegati tra loro, anche se sin d'ora il triumvirato al vertice del Pdl non pare averlo colto: la forte affermazione leghista e l'astensionismo del centro sud». E ancora: «Umberto Bossi ha vinto perché ha dato la linea al governo in materia di riforme istituzionali (alias federalismo fiscale) e di sicurezza del cittadino a fronte dell'immigrazione clandestina. La sua politica, bella o brutta che fosse, ha rappresentato in questi mesi l'originale. Quella del Pdl la fotocopia. Facile capire il perché delle scelte degli elettori “padani”... L'azione a esclusiva trazione nordista dell'esecutivo ha determinato progressivamente un senso di crescente insoddisfazione nell'elettorato meridionale. E l'assenza di un solo argomento per mobilitare gli elettori del centrodestra da Roma in giù ha finito per indurre molti di loro a starsene a casa». Di qui la conclusione: «Il presidente Berlusconi ha preannunciato che intende occuparsi personalmente della situazione siciliana. Sarebbe però opportuno se procedesse sollecitamente alla organizzazione del partito che nel prossimo futuro gli potrebbe tornare molto utile sia per contenere la prevedibile euforia leghista sia per ridare agli italiani del Sud una ragione di concreto sostegno all'azione del governo».

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