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"Alla sinistra restano solo gli intellettuali"

Gaetano Quagliariello

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{{IMG_SX}}"Come mi sento? Come uno che ha appena finito di fare ventimila chilometri". Gaetano Quagliariello sta provando a riposarsi dopo le fatiche da campagna elettorale. Lui, vicecapogruppo del Pdl al Senato, guarda a queste elezioni Europee un po' con gli occhi del politico, un po' con quelle del professore di Storia contemporanea e un po' con quelle dell'esperto di politica europea e in particolare francese. Senatore, è possibile che queste elezioni consegnino una Europa più a destra? «Penso di sì. Certamente renderanno evidente la crisi nella quale versa la sinistra europea, in difficoltà ovunque». Difficoltà? Perché la sinistra europea è così in crisi? «La crisi ha radici lontane. Diciamo che oggi le conseguenze della caduta del muro di Berlino si mostrano in tutta la loro evidenza». Addirittura? Dopo venti anni?  «Esatto. Non sottovaluti la portata del socialismo programmatorio e centralistico: è stato il più grande esperimento di ingegneria sociale di tutta la storia dell'umanità». Ma perché solo oggi, dopo un ventennio? «Perché le ideologie tramontano, le mentalità restano. Oggi, di fronte a questa crisi economica, si sono sgretolati anche gli ultimi rimasugli di una mentalità ideologica. E quel po' di buono che essa conteneva viene recuperato dal pragmatismo dei partiti del centrodestra». Senta, ma non è un controsenso?  La sinistra perde proprio nel momento in cui vengono nazionalizzate le banche. «Non lo è. Per il comunismo le nazionalizzazioni erano funzionali all'abbattimento del mercato mentre oggi, al più, possono essere proposte come soluzioni transitorie a fronte di un'emergenza. Sono uno strumento, non il fine». Anche l'Europa nel suo complesso, però, appare piuttosto in crisi? «Vede, l'Europa alla quale ci riferiamo è quella pensata da De Gasperi, Adenauer, Shuman come risposta alla sfascio lasciato dai totalitarismi. Ed era l'Europa che si manifesta nei nostri monumenti, nelle nostre cattedrali, nella nostra educazione. Era, insomma, l'Europa giudaico-cristiana. Quest'idea d'Europa non è affatto in crisi. È successo, piuttosto, che che con la fine della Guerra fredda la sinistra, smarrita la sua ideologia, se n'è data un'altra "di sostituzione"». Quale? «L'europeismo. Allora l'Europa è diventata sinonimo di multicultiralismo, di costruttivismo, di burocrazia e di nuovi diritti da imporre anche al cospetto della sovranità popolare che si esprime al livello degli stati nazionali». E oggi? «Oggi si torna all'Europa dei fondatori. L'europeismo alternativo è fallito. Guardi all'Olanda, al modello olandese. Sexi shop a ogni angolo e due strade più in là donne con il bourka. Le società si slabbrano e, come reazione, vince il centrodestra». Ma la sinistra è in crisi anche in Gran Bretagna e Spagna. Perché? «Perché i Labouristi inglesi come i Socialisti spagnoli hanno governato sulla scia delle grandi riforme varate precedentemente dal centrodestra. Blair si è dichiarato figlio legittimo del tatcherismo. Zapatero ha ereditato una Spagna a vele gonfie, grazie a quanto aveva fatto Aznar. La crisi ha mostrato i loro limiti. Non basta gestire i successi degli altri».  Gli Usa sono sempre stati gli apripista. Anche in tempi recenti: basti pensare a Clinton che inaugurò la stagione dell'Ulivo mondiale. Stavolta Obama non sembra sortire gli stessi effetti. «Obama non è un fenomeno di respiro mondiale. Ha conquistato gli americani che, in crisi di fiducia come non mai, imploravano un cambiamento, per il linguaggio, l'età, la novità».  E la Francia? La sinistra francese sembra quella più in crisi, perché? «Perché lo è, e da lungo tempo. Dopo Mitterand non ha più trovato un leader. E anche le due donne che si contendono la leadership francese, la Aubry e la Royal, hanno proposte poco convincenti». E invece il centrodestra è convincente? «Il centrodestra quanto meno è alla ricerca. Pensi all'integrazione. Ha capito che i nuovi deboli sono quanti si sentono stranieri nei loro quartieri, le donne che non possono passeggiare la sera, i giovani che non trovano lavoro. La sinistra ha subito bollato tutto ciò con le solite accuse di xenofobia e razzismo. E così gli sono rimasti solo gli intellettuali a condizione che abitino ai Parioli..».

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