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Alla fine arrivò il soccorso verde

Umberto Bossi e Silvio Berlusconi

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{{IMG_SX}}E alla fine arrivò Bossi. Umberto Bossi. Doveva essere il voto della competition, della guerra aperta tra Pdl e Lega. Doveva essere l'elezione in cui il Carroccio si lanciava all'inseguimento del pancione pidiellino, del grande elettore medio del centrodestra con messaggi forti. E infatti la campagna elettorale era iniziata con la sfida aperta, con le sparate sempre più acute contro la Lega, con gli annunci fatti al congresso del Pdl a fine marzo della voglia di andarsi a riprendere i temi forti che una volta erano della destra. Il Carroccio rispondeva con i posti sui tram riservati ai milanesi. Era l'inizio. La fine vede salire sullo stesso palco Silvio Berlusconi e Umberto Bossi. Salire sul palco e giurarsi amore eterno. Berlusconi ripete che si sono promessi che, se uno si ritira, si ritira anche l'altro. Aggiunge subito: «Ma Umberto ha subito detto: col cavolo, stiamo qui per tanti anni ancora». «Umberto - spiega il premier - ha fatto una campagna strepitosa e ai nostri avversari questa cosa non va giù e cioè che la nostra è un'alleanza di ferro e di acciaio». Ricorda che in campagna elettorale si sono sentiti tutti i giorni. E si vede. Perché Bossi è stato il più lesto, il più veloce, più rapido anche di Daniela Santanchè, a difendere il Cavaliere mentre era sotto l'assedio del caso Noemi dicendo chiaro e tondo che non credeva alle accuse. Il ministro delle Riforme ringrazia e rilancia: «La Lega e il Pdl, Umberto Bossi e Silvio Berlusconi l'accordo lo troveranno sempre su tutto». «Il lodo Alfano non è per Berlusconi ma per tutti i cittadini», insiste. Chiede a tutti di darsi da fare per sostenere un candidato del Pdl laddove non ce n'è uno della Lega. Sottolinea il leader del Carroccio: «Noi siamo quelli che non dicono "faremo" ma "abbiamo fatto". Come sull'immigrazione, ci dicevano tutti che era impossibile frenarla. E invece ce la stiamo facendo». Ecco, lotta all'immigrazione clandestina. Tasto dolente. La Lega la rivendicava come una sua bandiera, il Pdl pure. Alla fine salgono sul palco tutt'e due e ricordano entrambi i risultati ottenuti. Il Veneto, altra punto debole dell'alleanza. Con Bossi che rivendica la guida della Regione con un proprio candidato alle elezioni dell'anno prossimo. E Berlusconi che «democraticamente» risponde: «Chi prende più voti avrà anche il candidato presidente». Che significa un po' cederla al Senatùr visto che il suo partito appare in vantaggio. Berlusconi ritrova Bossi. Ritrova l'alleato forte, più forte che mai. E lo ritrova nel momento di maggiore difficoltà. Come anche ritrova Gianfranco Fini, con i suoi silenzi eloquenti, con Fare futuro, al sua fondazione che aveva sollevato il velo sul velinismo, che non critica più, con il Secolo che invita a parlare dei problemi reali. Segno che davvero Berlusconi è arrivato vicino alla scivolone. O almeno così è stato fatto credere ai suoi alleati principali, che, infatti, l'hanno sostenuto.

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