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Alfano: il boss depresso? È ancora un imputato

Alfano

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Poche righe per spiegare che il ministro è «impotente». Nel caso, scandaloso, della concessione dei domiciliari a Giacomo Maurizio Ieni, considerato il reggente della Cosca dei Pillera, a loro volta storici alleati della famiglia Santapaola, Alfano non può intervenire. In via Arenula, infatti, viene fatto notare che quanto deciso dal Tribunale di Catania non è un annullamento del regime di «carcere duro» ma una sostituzione della misura cautelare della detenzione in prigione con quella degli arresti domiciliari, motivata da una presunta incompatibilità del detenuto con il regime carcerario. Dal momento, dunque, che la decisione del Tribunale di Catania è un'attività di esclusiva competenza giurisdizionale, non vi sarebbero margini per un intervento del ministro della Giustizia. Che sarebbe potuto scendere in campo solo se il 41 bis fosse stato revocato da un Tribunale di sorveglianza, quindi a condanna già avvenuta. Secondo Alfonso Papa, deputato del PdL, componente della II Commissione Permanente Giustizia, della Commissione Bicamerale sulla Semplificazione Legislativa e della Commissione Antimafia, però, esistono i margini per aprire «un'inchiesta conoscitiva di carattere amministrativo» sulla vicenda. Per Papa, inoltre, «l'episodio desta forti perplessità perché potrebbe rappresentare un pericoloso precedente ed è un'interpretazione che svuota di contenuti la razio del regime del 41 bis». È necessario, quindi, «un intervento normativo che determini meglio i confini e i limiti del 41 bis» ed è indispensabile «una riflessione profonda degli operatori giudiziari in ordine a soluzioni interpretative che di fatto vanificano le normative poste a presidio della lotta alla criminalità organizzata». Il fatto che il processo contro Ieni sia ancora in corso non cambia le cose. «Poiché - continua Papa - è un elemento del tutto estraneo ai presupposti di gravissima pericolosità sociale che hanno condotto all'applicazione del 41 bis». Infine, si tratta di una decisione che «apre pericolosi squarci di elusione per boss e criminali che potrebbero intravedere in patologie psico-attitudinali una via d'uscita al carcere duro - conclude Papa - Quelle di Raffaele Cutolo e dell'omicidio Semeraro sono storie vecchie che lo dimostrano. Forse qualcuno le ha dimenticate, invece di farne tesoro». Intanto sul caso continuano a imperversare le polemiche. «È vero - ha detto Franco Maccari, segretario del sindacato di Polizia Coisp - Ieni non è stato ancora definitivamente condannato. Ma qualcuno ci deve spiegare, se ciò è seriamente possibile, come può il sistema della giustizia italiana prima ritenerlo così pericoloso da sottoporlo al 41 bis, sia pur in una struttura medica dove comunque aveva l'assistenza necessaria, e poi mandarlo semplicemente a casa, così come se niente fosse, perchè piange». Da parte sua, il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, si augura «che vengano puniti coloro che hanno preso, come il Tribunale di Catania, questa decisione. E anche che questa decisione venga rivista». Mau. Gal.

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