E l'opposizione lo chiama regime
Ma l'opposizione non ha dubbi: in Italia vige una pericolosa dittatura. Tendenzialmente fascista anche se, a seconda delle occorrenze, si può oscillare tra la «democrazia svuotata» della Russia di Putin (la citazione è di Walter Veltroni ndr) e la ferocia di alcune esperienze dell'America Latina. Così Silvio Berlusconi una volta somiglia al Duce, un'altra al dittatore argentino Videla, un'altra ancora ai loschi figuri che guidano ex repubbliche sovietiche come l'Uzbekistan o il Turkmenistan (qui la citazione è di Dario Franceschini ndr). Ebbene, in questa situazione di totale assenza di libertà (normalmente i regimi si contraddistinguono per il loro carattere autoritario), da circa due mesi, il «tiranno» viene attaccato, criticato, sbattutto in prima pagina, come se niente fosse. La sua vita è stata osservata ai raggi X, fin dentro la stanza da letto. Il suo divorzio si è consumato prima sulle pagine dei giornali che in un Aula di tribunale. Le indiscrezioni sulle sue capacità o incapacità amatorie sono ormai pane quotidiano. E se per caso il premier decide di non rispondere alle 10 domande di Repubblica che frugano nella sua vita privata insinuando rapporti con minorenni e chissà quali malattie, apriti cielo, si tratta di un'attentato alla libertà d'informazione. Ma siamo proprio certi che nelle dittature le cose funzionino così? Siamo proprio certi che nel Cile di Pinochet Michele Santoro avrebbe potuto dedicare un'intera trasmissione sulla televisione pubblica - quindi in mano al regime - ai fatti privati del leader? Eppure in Italia è successo. Lo scorso 7 maggio. Titolo della puntata di Annozero: Il complotto. Per l'occasione si è scomodata addirittura Monica Guerritore che, mentre i segugi di Michele indagavano sul campo alla ricerca di sensazionali scoop sui vizi del Cavaliere, recitava in video le parole pronunciate dalla signora Veronica Lario in quei giorni. Scene da vero regime, non c'è che dire. Eppure due giorni dopo, da Taranto, il leader dell'Italia dei Valori Antonio Di Pietro tuonava: «Berlusconi e il suo governo vogliono dare la spallata finale alla democrazia e all'economia in questo Paese. È questo il motivo per il quale mi sono candidato. Vogliamo che l'Italia dei valori sia l'ultimo baluardo di resistenza verso un regime di ritorno». Non c'è che dire, è proprio così. Non ve ne siete accorti? No? Non siamo in un pericoloso regime? Non vi siete resi conto che sfogliando le pagine dei giornali, i quotidiani vicini al centrosinistra non possono più esprimersi liberamente. L'Unità diretta da Concita De Gregorio, tre giorni fa, ha dedicato una copertina ai timori della stampa estera per la deriva autoritaria del nostro Paese. Titolo: «L'Italia in pericolo». Esattamente una settimana prima lo stesso giornale aveva titolato: «Il corruttore pigliatutto». Scagliandosi contro la decisione del Cda Rai di affidare ad Augusto Minzolini, inviato della Stampa, la direzione del Tg1, ma soprattutto facendo esplicito riferimento alla sentenza di primo grado del processo Mills e ai guai giudiziari del «tiranno». Sicuri che il generalissimo Franco lo avrebbe permesso? Tra la l'altro è lo stesso Pd a ridimensionare il carattere della sentenza visto che non la considera sufficiente per chiedere le dimissioni del Cavaliere. Il partito di Dario Franceschini (che in tempi non sospetti dichiarò che «la democrazia italiana è più forte di Berlusconi») ha infatti deciso di presentare una mozione in cui invita il presidente del Consiglio a sottoporsi al processo, ma senza dimettersi. Segno evidente che in fondo, al Partito Democratico, questo «regime» non dispiace affatto. E deve piacere anche ad Ezio Mauro visto che, dallo scorso 26 aprile, Repubblica è praticamente diventata la «gazzetta di Casoria». Non c'è movimento di parenti o ex fidanzati di Noemi Letizia che sfugga agli abili cronisti di Largo Fochetti. Chissà cosa ne pensa Eugenio Scalfari che il 21 dicembre 2008 scriveva: «Ieri sera Berlusconi ha lanciato l'ennesima provocazione. Ha proposto l'elezione diretta del Capo dello Stato, cioè un plebiscito sul suo nome. Ha aggiunto che lo metterà in votazione tra qualche tempo. Si completerebbe così il disegno che da tempo porta avanti di uno stravolgimento costituzionale culminante nel cesarismo. In queste condizioni il Pd e le altre forza di opposizione sono la sola diga che possa trattenere l'Italia in un quadro democratico europeo impedendo un'avventura con sbocchi autoritari». Cinque mesi dopo eccolo qua il nostro Cesare, «processato» in prima pagina da Gino Flaminio e Giuseppe D'Avanzo. Mentre sull'Espresso (altro giornale stesso gruppo) spuntano racconti di fantasmagoriche feste a villa La Certosa. In effetti anche il leader coreano Kim Jong Il riceve quotidianamente analogo trattamento. Il tutto senza dimenticare che Paolo Garimberti, uomo di Repubblica dal 1986, è diventato addirittura presidente della Rai. E su Viale Mazzini, ma non solo, sembra ormai essersi specializzato Antonio Di Pietro. Colui che, prima di tutti, ha capito la pericolosità del Cavaliere. Lo stesso che, con coraggio, paragonò Berlusconi al sanguinario Videla e lo definì «corruttore politico e dittatore». Quasi mensilmente il leader dell'Italia dei valori ripete le sue accuse attaccando soprattutto la situazione dell'informazione televisiva. «In Italia c'è un regime, o almeno c'è un regime mediatico», ha attaccato il deputato Idv Giuseppe Giulietti non più tardi di quattro giorni fa. E chi non ricorda la vicenda di Leoluca Orlando che, candidato dalle opposizioni alla presidenza della Vigilanza Rai, fu beffato da Riccardo Villari? In quell'occasione l'Italia dei Valori ritirò i suoi esponenti da Palazzo San Macuto e si scatenò in una campagna contro il premier accusandolo di voler mettere le mani sulla televisione pubblica. Ebbene qualche mese dopo gli esponenti dell'Idv hanno ripreso il loro posto in Vigilanza (si tratta del senatore Francesco Pancho Pardi e del deputato Aniello Formisano). Nel frattempo, dal 30 di aprile ad oggi, Antonio Di Pietro è stato ospite di: Unomattina, Ballarò (il 12 maggio), Porta a Porta (18), Linea Notte (19), Annozero (25) e Il caffé (26). Tutti programmi in onda sulle reti Rai. Non c'è che dire, da quando c'è Berlusconi, a Viale Mazzini trattano i dissidenti alla stregua di Aleksandr Solgenicyn. Insomma sono 365 giorni che l'opposizione non fa altro che accusare il premier di attentare alla nostra democrazia. Il Partito socialista europeo, «casa» in cui presto si accomoderà il nostro Pd, ha addirittura inserito Berlusconi tra i «dodici candidati terribili» assieme a gente che nega l'Olocausto e rifiuta di dissociarsi dal regime franchista. Eppure in questi 365 giorni, proprio in nome di quella stessa democrazia violata, l'opposizione ha potuto dire tutto e il contrario di tutto. E hanno anche il coraggio di chiamarlo regime.