Berlusconi attacca: toghe eversive
Noemi e ancora Noemi. Per stoppare il gossip e tutte le cattiverie uscite sul suo conto. Per dimostrare quello che va ripetendo da giorni, «una strategia politica della sinistra». Ma non per chiudere definitivamente il caso. Già, perché Berlusconi ne vuole invece parlare. Ieri lo ha fatto più volte: in pubblico durante il Consiglio dei ministri, davanti le telecamere ammesse a palazzo Chigi alla firma di un protocollo per l'Abruzzo, in privato con i suoi più stretti collaboratori. E come qualche esponente del governo raccontava ieri alla fine della riunione dell'esecutivo «il premier non ha intenzione di mollare la questione», anzi. Se la domanda è cosa ha spinto Berlusconi in questa direzione la risposta che arriva dagli ambienti del governo riguarda più aspetti. La consapevolezza che la strategia mediatica, utilizzata prevalentemente dal quotidiano Repubblica, sia arrivata praticamente alla frutta. Poi, la gaffe dell'altro giorno del leader del Pd Dario Franceschini («Voi fareste educare i vostri figli da Berlusconi?»), evidente agli occhi di tutti. Infine, dato non irrilevante, come proprio le parole del segretario del Pd abbiano portato alla ricomposizione dei figli, tutti schierati accanto al padre. E così, a otto giorni dal voto per europee e amministrative, al centro della campagna elettorale continua ad esserci il caso della ragazza di Portici. Con l'opposizione che tenta di attaccare anche sulle vicende giudiziarie del presidente del Consiglio. Berlusconi però risponde colpo su colpo. Prima "neutralizza" la questione privata affermando di non aver «mai avuto rapporti piccanti con minorenni», altrimenti fa sapere «mi sarei dimesso». Poi, dal palco dell'Assemblea di Confesercenti, torna a picchiare sui suoi cavalli di battaglia: dalla giustizia («ci sono grumi eversivi» tra i giudici) al terremoto in Abruzzo («sono ottimista») all'immigrazione («non c'è nulla di inumano nei respingimenti»). Non mancano nemmeno le stoccate alla stampa straniera e in particolare al Financial Times che mercoledì lo aveva definito un «pericolo per l'Italia», ma non al livello di Mussolini, perché al seguito ha veline e non squadracce fasciste. «Mussolini - ironizza Berlusconi in proposito - aveva i nuclei di camicie nere. Io, secondo i giornali che sono sottotappeti della sinistra all'estero, avrei i nuclei di veline. Grazie a Dio sono un po' meglio...». Insomma, il Cavaliere dalla difesa ora passa alla controffensiva: obiettivo, trasformare in boomerang tutte le accuse che rimbalzano dall'opposizione. L'imperativo categorico, come si diceva, è reagire, rintuzzare. Ed è quello che farà anche in questi scampoli di campagna elettorale, cogliendo tutte le occasioni pubbliche. Come quella di ieri in Confesercenti. Ancora strali contro la magistratura e i suoi «grumi eversivi», con la ribadita intenzione di separare gli ordini tra giudici e Pm («fino ad allora non lascerò la politica»). Ma il clou della performance di Berlusconi è stata la sfida aperta con chi lo ha fischiato dalla platea. Mani in tasca, sguardo fiero rivolto alla platea, a provocazione ha risposto con altra provocazione definendo «irrilevante» il gruppetto che punteggiava con fischi i passaggi non graditi del suo intervento (come la vicenda Alitalia e la giustizia). Ma l'amarezza che un tempo lo avrebbe assalito di fronte ai «fischiatori di professione», ora si è riconvertita in una controsfida: fischiate pure sono pronto; anzi più contestate più mi date forza, «diventa forte la volontà di operare per il bene di tutti e di questo straordinario Paese». Stesso concetto ribadito durante la riunione dei ministri della mattina: «Più mi attaccano, più mi danno forza». Intanto, mentre ieri l'Espresso anticipava le ultime news del capodanno 2007 a Villa Certosa, «con cinquanta ragazze portate in Sardegna dall'aereo del presidente», a Montecitorio il premier incontrava Gianfranco Fini. Una colazione alla Camera in cui i due, dopo giorni, sono tornati a confrontarsi. Questa volta su un doppio binario: lo sfogo del premier e la solidarietà "umana". Il Cavaliere, secondo fonti vicine al governo, è tornato a lamentarsi della "gogna mediatica" alla quale, a suo dire, è stato sottoposto nelle ultime settimane. Di fronte all'amarezza mista ad ira del premier, Fini non è rimasto indifferente, non mancando di manifestare la propria "solidarietà umana", rivolta non dal presidente della Camera al premier, bensì "da Gianfranco a Silvio".