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Pd Lazio, le Europee spaccano i Popolari

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Tremesi dopo la caduta di re Walter e quattro mesi prima del congresso: nel Partito democratico le elezioni europee saranno decisive. Perché il 7 giugno, comunque sarà andata, bettiniani, veltroniani, franceschiniani, popolari, rutelliani e dalemiani si «conteranno». Allora sì che uscirà il profilo del nuovo partito. Se l'asse veltroniani-popolari è destinato a tramontare, l'alternativa deve essere ancora «benedetta» dalle urne. Il futuro porta nella direzione di un'alleanza dalemiani-rutelliani (e lettiani) ma saranno le preferenze a dire l'ultima parola. Nel Lazio la battaglia è cominciata da tempo. Ognuno ha qualcosa da guadagnare, tutti parecchio da perdere. Ormai del risultato del Pd (secondo i sondaggi in calo nel Lazio e in caduta libera in Campania e in Puglia) non si cura più nessuno. Tutti sono concentrati sulle preferenze delle singole correnti. Più che elezioni si tratta dell'anticipo del congresso di ottobre. Nei popolari la rivalità sfiora il contrasto. Da un lato c'è Beppe Fioroni che punta a mostrare i muscoli ma la sua componente, almeno sulla carta, ha una consistenza più teoretica che di voti. Il candidato è di stretta osservanza democristiana, quel Gabriele Mori assessore comunale a Roma negli anni Ottanta, già deputato, segretario regionale del Partito Popolare e negli ultimi anni direttore generale dell'Enpaia, l'ente previdenziale degli agricoltori. A guastare la festa c'è Silvia Costa, l'altra faccia dei popolari. In ogni elezione si porta via migliaia di voti, oltre ogni aspettativa: «Il voto d'opinione» sussurrano nel Pd. Fatto sta che stavolta a pagarne le conseguenze potrebbero essere proprio gli ex democristiani perché la Costa è sì popolare ma vicina a Giorgio Pasetto, l'unico «vecchio» del Pd che ha passato la mano ma che nella provincia di Roma fa man bassa di voti. Silvia Costa non doveva candidarsi. Assessore all'istruzione nella Giunta Marrazzo, è stata tirata in ballo, in modo strumentale, per ventilare la sostituzione di Goffredo Bettini come capolista nell'Italia centrale. Alla fine è andata diversamente: al posto del regista del centrosinistra romano è finito il giornalista David Sassoli, sostenuto dai veltroniani e dai fedelissimi del segretario Franceschini. Ma la Costa è rimasta in campo per «pesare» la componente popolare alternativa a Fioroni. Altro giro altra corsa. I rutelliani e dalemiani «portano» il presidente del Consiglio del Lazio Guido Milana e il vicedirettore dell'istituto Gramsci Roberto Gualtieri. Il gruppo vicino a Enrico Letta li sostiene. Due giorni fa l'ex assessore regionale e ora consigliere Marco Di Stefano (lettiano) li ha presentati all'Ergife di fronte a più di mille persone. Se saranno i più votati si farà strada il cambio di maggioranza, nonché l'ennesimo rimpasto nella Giunta Marrazzo. I bettiniani puntano tutto sull'assessore regionale Francesco De Angelis e sul coordinatore delle iniziative internazionali della Provincia di Roma Giampiero Cioffredi. Sarà dura per tutti: secondo i calcoli del Pd riusciranno a sbarcare in Europa quattro o al massimo cinque laziali. Dunque ci si gioca il tutto per tutto: una competizione a suon di faccioni sui manifesti. E visto che soltanto il 6 per cento degli elettori esprime la terza preferenza, ogni corrente si concentra su un tandem. Non mancano i malumori. L'ultimo verso il rutelliano (ma non troppo) Ermete Realacci, che ha deciso di organizzare una manifestazione elettorale al fianco del bettiniano Cioffredi. Ma di casi ce ne sono anche altri. Se si aggiunge che nel Lazio si voterà nelle Province di Latina, Frosinone e Rieti e in 174 Comuni, allora diventa evidente che nel Pd le prossime elezioni europee saranno molto simili al giorno del giudizio.

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