Fini-D'Alema, intesa ma con freddezza

C'è chi parla di "asse", chi di veduta comune, chi di "entente cordiale". Sta di fatto che tra Gianfranco Fini e Massimo D'Alema continua il feeling. Quella sintonia cominciata sin dall'inizio della legislatura e che, spesso, li ha portati ad essere fianco a fianco sulla piattaforma delle riforme e dei temi istituzionali. Una sintonia che, dopo le ultime esternazioni del presidente della Camera sul governo e su Berlusconi, sembra ancor più evidente. Pur però entrambi ribadire la loro identità diversa: di destra per il presidente Fini, di sinsitra per l'ex premier. Con le rispettive fondazioni, ("Farefuturo" e "ItalianiEuropei") hanno più di una volta organizzato dei workshop insieme. Non è un caso, infatti, se - appena giunto ieri a Bagnaia per il convegno dei giovani editori - Massimo D'Alema abbia indicato «un punto di riferimento importante per chi ama la democrazia» nella risposta di Fini alle considerazioni sul Parlamento di Silvio Berlusconi. Se nelle parole del presidente del Consiglio D'Alema legga un «comportamento arrogante e lesivo dei principi democratici», in Fini l'ex segretario Ds vede invece il «difensore della dignità del Parlamento di fronte all'aggressione del governo». L'inquilino di Montecitorio, dopo le sciabolate a distanza con Berlusconi, ieri ha invece scelto toni molto più pacati, schivando le polemiche. Pur se dal palco per ben cinque volte si dice d'accordo con D'Alema. Sovrapponibili, ad esempio, sono le posizioni sull'immigrazione. D'Alema dice no all'intolleranza e sì all'integrazione; e Gianfranco (che non si pente di aver ricevuto i rappresentanti delle associazioni gay) risponde con una domanda: «Dove sta scritto che la posizione della destra nei confronti dell'immigrazione debba essere solo "respingiamoli", il che è anche cosa giusta nel caso dei clandestini? Io dico "integriamoli"». Identità di vedute tra i due anche sul fatto che l'informazione politica così com'è in Italia non va bene. Si parlano lingue diverse quando D'Alema indica un «problema serio di equilibrio dell'informazione» a causa della «enorme concentrazione nelle mani di uno solo che condiziona il sistema politico italiano», mentre per Fini «è infondato dire che c'è una limitazione della libertà di stampa nel nostro Paese». Ma è comune la condanna per il rincorrersi delle dichiarazioni dei politici e per certi gossip. «I giornalisti seguano le commissioni parlamentari invece di starsene in Transatlantico», propone D'Alema. E Fini, esempi alla mano, sembra completarne il discorso quando sostiene che il problema in Italia non è dell'informazione, ma di rompere quel legame spesso esistente tra cattiva politica e cattiva informazione: «Un eccesso di semplificazione o di dietrologia che determina in chi legge attentamente i giornali una sensazione di superficialità». Nelle parole di Fini, dunque, nessuna stoccata al presidente del Consiglio, tra l'altro mai citato. L'unico accenno a Berlusconi è sul numero dei parlamentari. Il presidente della Camera ribadisce di non essersi mai detto contrario alla riduzione dei parlamentari, ed anzi rilancia: «Forse è arrivato il momento di dare una sforbiciata, per far "dimagrire" un po' la politica». Gia.Ron.