Burocrazia, paura e rifiuti: le ombre del dopo-sisma

È il sentimento che unisce diversi stati d'animo all'Aquila. C'è la paura viscerale, irrazionale, che è quella della notte del terremoto, quella che nessuno ha dimenticato. Che non potrà scordare mai. E che spinge anche quei pochi che hanno avuto il via libera per rientrare a casa a tornare comunque la sera nelle tende. Perché quando arriva il buio si riaffaccia anche il panico, quello che ti afferra lo stomaco, ti arriva dritto al cervello e non ti fa ragionare. Ci vorranno anni per superarlo e soprattutto ci vorrà uno Stato che garantisca che quanto ha promesso venga mantenuto. Ed è questa è l'altra grande paura che afferra gli aquilani, il timore di essere presi in giro. Che quelle case, quei prefabbricati che il governo ha garantito non arrivino. O almeno non arrivino in tempo per l'inverno. A Poggio Picenze una famiglia, ospitata nella tendopoli vicina, è al lavoro per sistemare il cancello della casa, danneggiato dal terremoto. Il più anziano si ferma e borbotta: «Dicono che i prefabbricati arrivano a ottobre? Ma a ottobre qua c'è già mezzo metro di neve, come facciamo?». Poi c'è la paura delle istituzioni locali. Paura che i soldi promessi non arrivino e per lo smaltimento dei rifiuti si rischi — visto che il Comune di soldi non ne ha più perché le entrate ordinarie, quelle dei cittadini, si sono prosciugate — una situazione come quella di Napoli. Il sindaco Cialente il suo allarme lo ha lanciato, la Protezione civile e Guido Bertolaso hanno replicato che verrà garantita la pulizia. Ma la città ha bisogno di ripartire anche camminando con le sue gambe, senza aiuti esterni. Ha bisogno che le case vengano ricostruite in fretta, che i nuovi alloggi vengano consegnati il prima possibile. Per evitare che la gente se ne vada, che L'Aquila resti una città morta. Ed è questa l'altra grande paura. Che se ne vadano, ad esempio, gli universitari. A ottobre, quando partirà il nuovo anno accademico, chi avrà ancora voglia di venire a iscriversi in una città dove manca tutto? La velocità della ricostruzione è la scommessa da vincere. E qualcuno inizia già a perdere la speranza.