Giustizia, Berlusconi va all'attacco
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Quando andrà a riferire in Parlamento? E soprattutto, lo farà davvero? Due interrogativi che, all'indomani della sfuriata di Berlusconi sul caso Mills, inevitabilmente rimbalzano da una parte all'altra del Palazzo. «Su questa sentenza andrò a riferire in Parlamento. Lì dirò tutto quello che penso di questi giudici», aveva annunciato il premier nella scuola delle fiamme gialle di Coppito. Da qui poi l'interrogativo successivo: quando? Il fatto è che non è per niente sicuro che Berlusconi, alla fine, ci andrà in Parlamento. Anzi. Più passa il tempo e più la cosa sembra improbabile. Tanti i dubbi del premier. A cominciare da quello di dare, con la sua visita in Parlamento, una ghiotta occasione all'opposizione per mantenere alta l'attenzione pubblica su tutta la vicenda Mills. Non ultimo, il voto imminente del 7 giugno. Per questo, nel Transatlantico di Montecitorio ieri, chi ipotizzava che l'orientamento del Cavaliere sarebbe quello di raccontare la sua verità ai parlamentari, specificava che «lo farà in Senato e non prima delle elezioni». Il premier sembra quindi avere ascoltato il consiglio di quanti temevano che un dibattito parlamentare di questo tipo si trasformasse in aperto scontro tra poteri dello Stato e finisse per distrarre l'opinione pubblica dai contenuti di una battaglia elettorale in cui il governo si presenta forte di molti buoni risultati (dal successo nella crisi dei rifiuti agli interventi post-terremoto e contro la crisi economica). Il braccio di ferro con la magistratura «politicizzata» però è solo rimandato. Il Cavaliere infatti è sicuro, in base ai sondaggi, che la polarizzazione dello scontro lo favorisca in termini elettorali e comunque sembra deciso a un chiarimento definitivo: come ha detto nell'intervista concessa a Bruno Vespa per il suo ultimo libro, Berlusconi ritiene il giudice Nicoletta Gandus, che ha redatto la sentenza contro Mills, un «dichiarato nemico politico», una militante dell'estrema sinistra che avrebbe abdicato ai suoi doveri di imparzialità pur di colpirlo. A sostegno di questa tesi, il presidente del Consiglio cita una lista di fatti (anche relativi al processo Mills) e la lunghissima serie di processi che ha dovuto affrontare dalla sua «discesa in campo», oltre 100, un «record per tutto il sistema solare» ironizza. È lo stesso ufficio stampa di Palazzo Chigi a diffondere il testo dell'intervista, specificando che sono parole del premier raccolte dallo stesso Vespa nel 2008, quindi in tempi non sospetti e prima della sentenza verso l'avvocato inglese, emessa dal tribunale milanese nello scorso febbraio. A testimonianza di come il pensiero di Berlusconi su tutta questa storia sia sempre stato lo stesso. Di come il suo desiderio di mettere fine ad una «giustizia che colpisce ad orologeria» ci sia sempre stato. E non solo. Sempre nella chiacchierata con Vespa Berlusconi ricostruisce il suo rapporto con Mills, «uno dei tantissimi avvocati» di cui si serviva all'estero «occasionalmente» la Fininvest, di «non ricordare» di averlo mai conosciuto, di non aver avuto ragione, nè personalmente, nè attraverso le sue società, di versargli i 600.000 dollari contestati dalla magistratura e ricorda, tra l'altro «un aspro contenzioso» fra la Fininvest e Mills «poichè questi si era trattenuto una ingente somma pari a ben 10 miliardi di lire di allora, che non voleva restituire e che poi effettivamente non restituì trattenendosela».