Scuole di periferia trasformate in «ghetti»
{{IMG_SX}}Il nome della scuola «Carlo Pisacane» al Prenestino ha fatto il giro d'Italia. Divenuta emblema di un'integrazione mancata e di una discriminazione al contrario, la scuola elementare capitolina è arrivata a contare 165 alunni extracomunitari su 180 iscritti con il record della prima elementare, dove su 23 bambini soltanto uno è italiano. Una situazione che le mamme non hanno più tollerato e in una lunga lettera inviata alle massime istituzioni hanno spiegato i motivi di un disagio che vede i propri bambini non poter fare gite scolastiche, non avere amichetti per il doposcuola, difficoltà nell'apprendimento e nei percorsi «pseudo didattici» che hanno persino cambiato il nome al presepio, chiamato in quella scuola «villaggio globale». Il caso Pisacane è arrivato sino alla Camera, con il deputato Pdl, Fabio Rampelli, e con l'impegno del ministro Gelmini a istituire un tetto del 30% di alunni immigrati nelle classi italiane. Una situazione, quella delle scuole capitoline che rischia di esplodere. Nei quartieri dove risiedono comunità straniere si assiste sempre più a una vera e propria «ghettizzazione» di negozi, ristoranti, scuole, fino a disegnare tante piccole città monoetniche, confermando il fallimento del progetto di integrazione che ha toccato l'apice con l'introduzione, poi subito ritirata per il malore dei piccoli, dei menù etnici nelle scuole primarie. A chiedere regole precise al ministro Gelmini era stata sin da subito l'assessore capitolino alla Scuola, Laura Marsilio. Le linee guida del ministro lasciavano infatti alla discrezionalità dei dirigenti scolastici l'introduzione o meno di «quote». Quote, ricordiamo, rischieste dagli immigrati stessi che puntano più di altri a una completa integrazione. Ancora, ieri, è stata sempre la Marsilio a sollevare il problema delle lunghe liste d'attesa negli asili nido. «Proponiamo un approccio alternativo alle tematiche inerenti le liste d'attesa degli asili nido - ha sostenuto la Marsilio - chiedendo un'attenzione particolare a livello nazionale ed europeo, in modo da non lasciare la questione solo in mano ai singoli Comuni. Per questo auspico la revisione della normativa europea in materia riguardante la fascia d'età compresa tra 0 e 6 anni. La normativa europea - ha aggiunto Marsilio - attualmente prevede che vengano inseriti nelle liste d'attesa, concorrendo quindi all'assegnazione di un posto, non solo gli immigrati regolari, ma anche coloro che si trovano in una situazione di clandestinità. Questi ultimi, infatti, non producendo reddito, occupano una posizione migliore in graduatoria, escludendo i figli delle coppie formate da entrambi i genitori lavoratori».