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L'imbroglio dell'inutile referendum

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Se qualcun altro ritenesse che, dopo il referendum, il Parlamento dovesse intervenire per cambiare la legge elettorale, prenderebbe un altro abbaglio, perché il risultato della prova referendaria è, come si dice, «auto-applicativo», in quanto la legge che ne scaturirà sarebbe del tutto funzionante. Se una terza persona sperasse con il referendum di avviare l'Italia al bipartitismo perfetto, si ingannerebbe ancor più perché con i marchingegni elettorali non si cambia il sistema politico. La vicenda del Popolo della Libertà, in positivo, e quella del Partito Democratico, in negativo, lo provano a sufficienza. La verità è che questo referendum è un imbroglio. Perché oggi, in Italia, la cosa più importante in materia elettorale è di restituire ai cittadini il potere di eleggere i propri rappresentanti, come in ogni decente democrazia, facendola finita con le liste bloccate preparate da pochi cacicchi di partito. Quel che propone il referendum è, invece, l'opposto: da una pessima legge, definita «porcellum», si passerebbe a un «superporcellum», ancora più sprezzante degli elettori. Oggi il premio di maggioranza è attribuito alla coalizioni di liste che ottengono più voti. Domani, se il referendum passasse, lo stesso premio sarebbe attribuito all'unica lista che ottiene più voti, indipendentemente dalla percentuale raggiunta alle elezioni. Oggi, con il sistema attuale, il Parlamento è nominato da una decina di capipartito che compilano le proprie liste elettorali scegliendo i loro amici e affini. Con la vittoria del «sì» al referendum il capo dell'unico partito vincente, leggi Berlusconi, nominerebbe la maggioranza assoluta della Camera, ovvero 346 deputati su 630 (55 per cento), acquisendo legittimamente il potere di fare il bello e il cattivo tempo senza contrappesi.   È ovvio che il leader del Popolo della Libertà abbia dichiarato che andrà a votare secondo il proprio interesse per il «sì». È più difficile comprendere perché mai il segretario Dario Franceschini voglia mobilitare il Partito democratico nella stessa direzione al punto da suscitare molteplici e vigorose reazioni. Da parte mia mi asterrò per fare fallire questo referendum, inutile o dannoso. Sono consapevole che l'astensione è un'arma impropria che non bisognerebbe mai usare in democrazia. Ma questa volta è proprio nel nome della democrazia che non voglio contribuire a peggiorare ancor più un pessimo sistema elettorale.

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