Nel Pd crescono i tifosi della «linea dura»
Altroche unità, il Pd somiglia sempre di più alla torre di Babele. Tutti parlano, ma ognuno con una lingua diversa dagli altri. E la confusione regna sovrana. Anche sul contrasto all'immigrazione clandestina ormai, non passa giorno senza che i Democratici dicano tutto e il contrario di tutto. Sabato era stato l'ex segretario Ds Piero Fassino a spiazzare tutti con una frase ad effetto: «Il respingimento si è fatto anche nel passato quando eravamo al governo, fa parte del diritto internazionale e dei trattati che sono stati firmati anche dall'Italia. Io non vedo nessuno scandalo». Ieri è arrivato il sostegno di un altro «padre nobile»: l'ex leader della Margherita Francesco Rutelli. Anche lui si è schierato a favore dei respingimenti chiedendo al proprio partito di superare le «ipocrisie». Parole che hanno scatenato il dibattito interno anche perché, contemporaneamente, il segretario Dario Franceschini tornava all'attacco del governo accusandolo di voler trasformare i barconi in «spot elettorali». E così il Pd ha dimostrato ancora una volta di non avere una linea comune sull'argomento. Che potesse finire in questo modo lo si era capito quasi subito, sfogliando le pagine del quotidiano Il Mattino. La foto di Rutelli e un'ampia intervista dal titolo inequivocabile: «La tratta di nuovi schiavi va fermata e punita ora il Pd raccolga la sfida». «Usciamo dal pendolo incessante che una volta va sull'accoglienza e la successiva sulla paura e l'intolleranza - l'invito del presidente del Copasir -. Dobbiamo comportarci come un grande Paese. Respingere senza ipocrisie l'immigrazione clandestina, organizzare senza paura e con costanza l'integrazione». Ed è chiaro che su questo punto anche il Pd, se vuole aspirare ad essere forza di governo, deve fare la propria parte. In ogni caso Rutelli non promuove il governo Berlusconi («Tenta di nascondere gli insuccessi con dibattiti folli, tipo la proposta di apartheid sui trasporti milanesi») anche se è chiaro che i suoi ragionamenti riecheggiano quelli esposti sabato da Piero Fassino. E hanno l'effetto di un'esplosione in un partito che ora sta cercando, con difficoltà, di calibrare il tiro. Così le riserve nel Pd sui respingimenti riguardano sempre di più il fatto che avvengano violando il diritto internazionale, soprattutto per la mancata verifica se tra i clandestini sui barconi vi siano rifugiati politici che chiedono asilo. Tanto più che la Libia non ha firmato la Convenzione di Ginevra. Bersani non boccia i respingimenti, ma mette in guardia da «misure ad effetto». «Se veniamo meno noi al rispetto di alcune prescrizioni internazionali - aggiunge - questo può provocare anche da parte di altri un allentamento del rispetto dei diritti internazionali e far allargare le maglie dell'immigrazione. Non vorrei quindi che respingendo 500 clandestini ce ne arrivassero 5.000». E infatti Marco Minniti, responsabile sicurezza del Pd, ritiene che «sia dovere dell'Italia non limitarsi solo all'accompagnamento nel porto di Tripoli, ma costruire lì, con quel Paese, un sistema che affronti il tema dei diritti umani, la possibilità di chiedere asilo, di essere riconosciuto come rifugiato politico». Per il Pd il terreno è scivoloso: il partito non vuole essere spinto sul piano degli slogan, sgradito specie al suo elettorato tradizionale che chiede di affrontare i problemi nella loro complessità; al contempo non vuole passare come forza lassista davanti all'opinione pubblica moderata. «La sfida - sintetizza Livia Turco - è tenere insieme la lotta alla clandestinità e la salvaguardia dei diritti umani». Di qui la preoccupazione di Dario Franceschini: «Non si possono trasformare barconi pieni di disperati in uno spot o in un manifesto elettorale per raccogliere voti». Il Pd, ha aggiunto, «è pronto anche a collaborare per contrastare tutto ciò di criminale che è legato all'immigrazione clandestina e per fermare i flussi di immigrati irregolare. Ma, per il resto valgono le parole che hanno detto le organizzazioni internazionali, l'Onu e i vescovi italiani». Non per nulla ieri sette parlamentari cattolici del Pd, assieme a tre dell'Udc, hanno lanciato un appello ai loro colleghi credenti del centrodestra a «ripensare» le norme sull'immigrazione contenute nel ddl sicurezza perché estranee al principio cristiano della solidarietà.