La recita di Battisti: l'Italia mi fa paura
{{IMG_SX}}"L'Italia mi fa paura. Non andrò in Italia. Ci sono cose che si possono ancora scegliere, come il momento della propria morte". Cesare Battisti dal carcere di Papuda in Brasile si dice pronto a togliersi la vita pur di non scontare la condanna in Italia. Il terrorista dei Pac, latitante da vent'anni, ha lasciato intendere che preferirebbe suicidarsi piuttosto che tornare in una prigione italiana durante un'intervista rilasciata alla tv franco-tedesca «Arte» che trasmetterà l'integrale sabato prossimo. L'ennesimo tentativo dello «scrittore» di accreditarsi come perseguitato politico. Cinquantaquattro anni, ex militante dei Proletari Armati per il comunismo, Battisti ha detto nell'intervista tv che «non arriverà mai vivo in Italia», ritenendo che «il momento della propria morte» rientra «nelle cose che si possono ancora scegliere». In quel caso, la sua morte sarebbe causata «dall'ingiustizia del governo italiano». «Quella di Battisti è una sfrontatezza senza limiti. Se davvero meditava il suicidio avrebbe potuto pensarci dopo gli omicidi da lui commessi», ha detto il ministro della Difesa Ignazio la Russa, commentando l'anticipazione del servizio della tv franco-tedesca «Arte». La Corte suprema del Brasile, paese in cui Battisti era giunto clandestinamente dopo la fuga dalla Francia per evitare l'estradizione in Italia, deve decidere se il terrorista va consegnato alle autorità italiane o lasciato libero, come ha deciso il governo brasiliano, riconoscendogli lo status di rifugiato. Intanto oggi il suo caso sarà dibattuto in un'audizione pubblica del parlamento di Brasilia alla quale parteciperà anche, in sua difesa, Achille Lollo, già condannato in Italia per il rogo di Primavalle. Anche lui, dopo aver scontato un breve periodo in carcere, si è rifugiato in Brasile dove è riuscito a ottenere lo status di rifugiato. Ora Lollo condannato per la strage dove morirono Virgilio e Stefano Mattei, figli del segretario della sezione del Msi del quartiere Primavalle, esule di lusso, è editore di giornali. Lollo fa parte di quella colonia di terroristi rossi italiani che in Brasile ha trovato coperture da notabili del «Partido dos Trabalhadores» (PT) del presidente brasiliano Lula. In particolare il senatore Eduardo Suplicy, uno degli esponenti storici del PT, è tra i più instancabili sostenitori della causa di Battisti. Fu lui a rendere pubblica il 19 febbraio scorso la lettera nella quale Cesare Battisti chiedeva all'Italia di mostrare «il suo lato cristiano», per il quale «il perdono è un atto di nobiltà». E le parole di oggi come quelle di ieri non hanno provocato nessun ripensamento in Italia. Per il ministro degli Esteri, Franco Frattini, che proprio ieri concludeva un seminario in memoria di Aldo Moro, l'Italia «non accetta segnali di indulgenze» o di «amnistia». Ed «in particolare nel caso di Battisti». Durissimo il senatore della Lega Nord, Piergiorgio Stiffoni, che ha commentato: «Battisti farebbe la cosa migliore, forse gli servirà per lavarsi la coscienza di tutte le morti che ha provocato». «Battisti ha paura dell'Italia? È il nostro Paese, semmai, che ha avuto paura e continua ad averne di terroristi efferati come lui», afferma afferma il presidente dei senatori dell'Udc Gianpiero D'Alia. «Le sue vergognose dichiarazioni dall'esilio dorato sudamericano - aggiunge - infangano ancora una volta la memoria delle vittime della sua carriera terroristica e irridono famiglie che attendono giustizia da troppo tempo». «Se il Brasile non restituirà Battisti all'Italia - conclude D'Alia - non ci sarà altra soluzione che interrompere ogni tipo di relazione tra gli Stati: non si può condividere nulla con chi ha gli stessi canoni di giustizia di un terrorista pluriomicida».