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Stavolta è qualcosa di più della solita guerra tra correnti

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Qualcosaper cui rischiano di essere azzoppati anche i cavalli che tirano. Nel Partito democratico alla ricerca di un'identità nessuno è al riparo. L'ennesimo «caso» scoppia nel Lazio. Piero Marrazzo candidato di nuovo alla Regione nel 2010? Sarebbe scontato ma il segretario regionale del Pd, Roberto Morassut, in un'intervista a Roma Uno Tv, non risponde. Glissa e con frasi sibilline esorta la coalizione a trovare «candidati forti» e alleanze «più larghe possibili». La ricandidatura del governatore sembra in bilico. Almeno fino alla sera, quando prima l'ex coordinatore nazionale Goffredo Bettini e poi il vicepresidente del Lazio Esterino Montino lo «blindano». Tuttavia nella coalizione è già bufera. L'Italia dei Valori difende ma rilancia: «O Marrazzo o uno dell'Idv». L'assessore regionale Vincenzo Maruccio non risparmia la stoccata: «Forse è arrivato il momento che il Pd esca dalle buie stanze della politica e vada tra la gente». L'esponente della lista civica Daniele Fichera difende il governatore: «Il prestigio e il consenso di cui gode sono a tutt'oggi straordinari e prescindono anche dagli schieramenti politici». Si schiera anche la Sinistra che col capogruppo Enrico Fontana spiega: «L'unità della coalizione e la candidatura di Marrazzo a presidente per le prossime elezioni regionali sono due tra le numerose carte vincenti a disposizione del centrosinistra». Rifondazione Comunista, già uscita dalla maggioranza, festeggia le difficoltà dei democratici: «Finalmente qualcosa si muove». A quel punto a muoversi è un pezzo da novanta della direzione nazionale del Pd. È Goffredo Bettini, l'ottavo re di Roma e il vero regista del centrosinistra laziale. Dice sì «alla linea politica di Morassut», cioè «allargare la coalizione, radicarsi nel popolo, definire una coesione programmatica ancora più forte». Ma avverte: «Questo lavoro lo faremo con Marrazzo». Ancora più esplicito Montino, che chiarisce: «Per Morassut la candidatura Marrazzo è scontata». Eppure la frittata è fatta. Anche perché nel caos dilagante il capogruppo dell'Udc, Aldo Forte, ammette di aver ricevuto in offerta la presidenza del Consiglio del Lazio (al posto del rutelliano Milana che andrà in Europa). A questo punto lo scenario che s'ipotizza da mesi riprende forma: un'alleanza dell'attuale centrosinistra con l'Udc, magari con candidato governatore l'ex presidente della Provincia di Roma, ora deputato, Enrico Gasbarra. Lui ha smentito molte volte. Tanto che ormai il sospetto è che il suo nome circoli soltanto per levare la terra sotto ai piedi di Marrazzo. Attacca il centrodestra. «A casa Pd tira davvero una brutta aria. Le dichiarazioni del segretario regionale, Morassut, annunciano la bocciatura definitiva della ricandidatura di Piero Marrazzo alle prossime elezioni regionali», spiega Massimiliano Maselli (Fi). Sulla stessa scia il capogruppo dei Socialisti Riformisti, Donato Robilotta: «Morassut decreta la fine dell'esperienza politica del presidente Marrazzo alla guida del centrosinistra nelle prossime elezioni regionali». Netto anche Bruno Prestagiovanni (An) che denuncia «il balletto interno al centrosinistra sul candidato alla presidenza della Regione. Ci aspetta una stagione in cui dovremo assistere alle estenuanti e varie dichiarazioni delle primarie all'interno del Pd che porteranno, come preannunciato di fatto da Morassut, alla defenestrazione di Marrazzo». Per Tommaso Luzzi (An) «finalmente si completa il quadro che delinea la fine inequivocabile dell'esperienza politica di Marrazzo e della sua coalizione». Adesso nel Pd si torna in trincea. I veltroniani ci sono. Non si sa dove, ma ci sono. E l'asse con i popolari regge, nonostante tutto. I dalemiani sono determinati a dettare la linea, insieme con i lettiani. I rutelliani stanno alla finestra, convinti che «il potere non è quello che ti danno ma quello che ti prendi». Si spera nel congresso di ottobre. Intanto le discussioni continueranno. La chiamano dialettica.

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