«È un masochista Così scomparirà»

«Misembra che la scelta di Franceschini ponga le basi affinché anche lui diventi vittima dell'abitudine del Pd a divorare i propri leader». Michele Vietti parla lentamente, scegliendo accuratamente le parole per commentare una decisione che proprio non riesce a comprendere. Per il vicepresidente del gruppo Udc alla Camera, infatti, l'appoggio dei Democratici al referendum elettorale è qualcosa a metà tra il «masochismo estremo» e la «sindrome di Stoccolma». E se si trattasse di semplice calcolo politico? «No, qui la politica non c'entra». Perché? «Anzitutto perché bisogna aver chiaro gli effetti che il referendum produce. Attraverso un'operazione di "chirurgia normativa" si stravolge l'attuale legge elettorale assegnando il premio di maggioranza al partito che prende più voti». Cosa c'è di male? In questo modo si consolida il bipolarismo e si semplifica il quadro politico. «No. Il premio di maggioranza è un'anomalia del nostro sistema elettorale perché, e lo abbiamo ampiamente visto, induce a creare aggregazioni etoregenee mettendo insieme tutto e il contrario di tutto. Attribuirlo al partito che ottiene un voto in più degli altri, quando in Italia la forza più grande arriva a malapena al 40%, è un'evidente alterazione della rappresentanza democratica». Perché allora il Pd si è schierato per il sì? «Questa è una domanda che andrebbe rivolta ad uno psicanalista. Siamo davanti ad un masochismo estremo che non ha giustificazioni razionali». Forse Franceschini cerca solamente di inseguire Berlusconi? «Io Berlusconi lo capisco. Ha visto che la cosa gli conviene e sostiene il sì. Quello che non riesco a capire è perché il Pd si accodi in modo irrazionale sacrificando tutto sull'altare del bipartitismo e regalando di fatto la vittoria a Berlusconi per i prossimi 20 anni». In realtà già la strategia del «voto utile» di Veltroni andava in questa direzione. «Appunto. Veltroni ha inseguito Berlusconi sul terreno del bipartitismo e, a distanza di un anno e mezzo, è già scomparso. L'esperienza dovrebbe pur insegnare qualcosa». Cioè? «Il bipartitismo è una trappola berlusconiana. Se il Pd vi entra, scomparirà». E se l'obiettivo dei Democratici fosse quello di costringervi ad un'alleanza con loro? «Se questa è la loro speranza mi sembra mal riposta. Noi osteggiamo il referendum perché sarebbe la consacrazione del regno berlusconiano mentre il nostro Paese ha bisogno di una democrazia matura dell'alternanza sul modello di quella tedesca. L'idea di consegnare ad un partito solo, che è poi il partito di uno solo, le chiavi del Paese non ci piace». Scusi ma che ruolo avrebbe l'Udc in un sistema di questo tipo? «Quello di una forza intermedia che fa da contraltare al partito dell'imperatore. Una forza che, su alcuni temi, può giocare un ruolo di riequilibrio verso il centro». Bene, ma meglio il Pdl o il Pd? «È difficile fare una previsione oggi. Il quadro politico è in evoluzione. Bisogna vedere come evolverà la crisi del Pd dopo le europee. Dove finiranno i consensi che perderà? Lasceranno definitivamente Di Pietro? Dall'altro lato il Pdl continuerà a muoversi a rimorchio della Lega? Sono i nostri interlocutori che devono decidere cosa fare. Entrambi hanno un problema di riequilibrio verso il centro. Noi li aspettiamo lì».