La vera opposizione
Veline, Silvio ora ci scherza su
{{IMG_SX}}Una donna, un allenatore internazionale di calcio e un ex magistrato con il pallino della politica. Tre persone accomunate, in quest'Italia del 2009, da uno stesso destino: essere gli unici che hanno ancora qualcuno che li ascolta quando si confrontano con Berlusconi. Paradossalmente se non ci fossero Veronica Lario, Josè Mourinho e Antonio Di Pietro il Cavaliere non avrebbe più alcun avversario. Il Pd, ormai, è praticamente scomparso. Dario Franceschini non ha ancora trovato una strada credibile per fare opposizione e nel frattempo il partito continua a lacerarsi e a dissanguarsi in una lotta interna tra correnti: dalemiani, veltroniani (pochi), rutelliani, ex popolari, lettiani, teo-dem. Tutti contro tutti. Una situazione che Enrico Letta ha fotografato così ieri sera in un intervento a Red Tv, la televisione di Massimo D'Alema: «Il congresso va fatto non ci sono dubbi e sono indignato con tutti coloro che hanno accusato la guerra per bande contro Veltroni quando era lui segretario ed ora la stanno facendo contro Franceschini. Parlo di Bettini per fare un esempio». Già, proprio l'ex uomo di fiducia di Francesco Rutelli durante i suoi sette anni in Campidoglio e poi di Walter Veltroni oggi è finito sul banco degli imputati per aver rifiutato di candidarsi alle elezioni europee. Per un motivo di orgoglio (in troppi nel partito, ha spiegato, hanno contestato la sua candidatura a capolista) ma anche per uno anche molto pratico: «sfilandosi» ha evitato di mettere il suo nome sotto la probabile disfatta che il Pd potrebbe subire alle europee. In mezzo a tanto caos Dario Franceschini ha provato e prova a organizzare un minimo di opposizione. A farsi sentire. Ma il presidente del consiglio lo ha scavalcato su ogni iniziativa. Mettendolo a tacere. E acquistando consenso e popolarità anche da eventi sfavorevoli. La gestione dell'emergenza in Abruzzo, pur con qualche sbavatura, è stata una prova comunque di grande efficienza da parte del governo. E il Pd non ha potuto far altro che ammettere la bravura dell'esecutivo. Anche l'idea del trasferimento del G8 dalla Maddalena all'Aquila ha tolto al Partito Democratico la possibilità di qualsiasi critica. Poi c'è stata la giornata del 25 aprile. Dario Franceschini ha chiesto a Berlusconi di partecipare alle celebrazioni e il premier lo ha fatto, gli ha chiesto di far ritirare il progetto di legge che assegnava una pensione a chi combattè nella Repubblica di Salò così come è stata assegnata ai partigiani e Berlusconi non ha avuto problemi ad accontentarlo. Infine la polemica sulle veline. Per giorni il centrosinistra ha attaccato il Pdl accusandolo di voler mettere in lista per l'Europa attricette e soubrette. Ma alla fine Franceschini è rimasto con un pugno di mosche in mano. Perché dei tanti nomi circolati non ne è rimasto neppure uno dentro le liste. Di veline, più o meno famose, neppure l'ombra. Piuttosto, tra le donne candidate, ci sono medici, manager ed ex bocconiane. Insomma un altro punto a sfavore di Franceschini. Il quale a questo punto non può far altro che aspettare il risultato delle elezioni europee e prepararsi per il congresso di autunno. Congresso per il quale si stanno «scaldando» anche Massimo D'Alema e Pierluigi Bersani. L'ex presidente dei Ds potrebbe essere forse l'unico capace di risollevare il Pd e di confrontarsi direttamente con il Cavaliere. Ma D'Alema ha deciso da tempo di defilarsi e di lavorare dietro le quinte. Con la sua Fondazione Italianieuropei e con la tv. A gridare, battere i pugni, incalzare Berlusconi — spesso anche con modi poco ortodossi — nel campo della politica è così rimasto solo Antonio Di Pietro. Il quale, non per niente, con l'Italia dei Valori sta incalzando il Pd rubandogli voti. Lo ha già fatto in Abruzzo, alle elezioni regionali, e lo farà ancora nelle consultazioni del 6 e 7 giugno. Ponendosi come unico avversario politico di Berlusconi. E poi? Poi a dargli filo da torcere è rimasta la moglie, Veronica Lario. La quale, per la seconda volta, lo ha richiamato a un comportamento più corretto verso la famiglia. Passi il continuo circondarsi di belle donne, passi l'immagine che il premier vuole accreditare di sè, ma disertare il compleanno dei figli e andare a quello di una sconosciuta diciottenne che per di più lo chiama anche «papi» è troppo anche per la moglie del premier. E Berlusconi? Ha incassato in silenzio, rimandando a un chiarimento faccia a faccia. L'altro che al Cavaliere — indirettamente — non le manda a dire è l'allenatore dell'Inter Josè Mourinho. Ai sogni del Milan (e quindi a quelli del suo presidente) di poter ancora vincere lo scudetto ha risposto con una polemica: «Quanti rigori hanno avuto finora? — si è chiesto il portoghese — Dodici? Il record è 18? È troppo, è troppo, però magari sì, uno per partita». Poi lo stoccata finale: l'eventualità di una rimonta del Milan da -7 è del tutto «teorica». Per chi è abituato sempre a vincere non è uno smacco da poco.