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La politica messicana e il bavaglio ai media

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Ilballetto delle conferenze stampa alterna toni fintamente rassicuranti alla messa in campo di misure di sicurezza, provvedimenti pubblici e misure igieniche da giorno dell'apocalisse: l'esempio più eclatante è stato l'altro ieri quando c'è stata in Senato una riunione a porte chiuse sotto sorveglianza medica. È perfettamente comprensibile che un governo voglia evitare il panico e che per il bene della propria popolazione cerchi di gestire il momento senza lasciare troppo spazio all'emotività. Diverso è quello che si vede in questi giorni in cui sembra che la parte più complessa nell'intera faccenda sia la gestione del lavoro dei media, in particolare di quelli internazionali. Le autorità messicane sono giustamente preoccupate che l'epidemia si trasformi nella pietra tombale dell'economia messicana. I turisti cancellano e posti come Cancun e Veracruz si stanno trasformando in città spettrali e proprio mentre il messico atrraversa un crisi economica profondissima. All'inizio in rete qualcuno aveva addirittura cominciato a insinuare che forse l'influenza era in solo una montatura per mascherare i guai dell'economia messicana. Adesso si capisce che probabilmente è esattamente il contrario. La politica messicana ha cercato di ritardare il più possibile l'esplosione di questa bomba a orologeria contro il Paese. C'è almeno qualche settimana di distanza tra quando sono stati identificati i primi casi e quando è stato dato l'allarme. E poi c'è l'altra parte della storia, la sottolineatura continua che non ci sono maiali infetti. Probabilmente per questo quando si va verso i villaggi di campagna dove forse è iniziato il contagio, si trovano i segni del panico da controllo delle informazioni. Negli scorsi due giorni a la Gloria, dove è stato segnatato il primo caso, quello del piccolo Edgar, abbiamo assistito nell'ordine a queste scene. L'arrivo in elicottero del governatore che ha portato al piccolo ex malato simbolo giocattoli e cappellini colorati. Lo sbarco di uomini della protezione civile con giacchette rosse fiammanti e cappellini in tinta. L'approdo del mitico dottor Uscanga, capo dell'autorità sanitaria locale che spiegava come l'unica vera notizia da comunicare al mondo sia la guarigione di Edgar (che tra parentesi continua a tossire). Il tutto con gli imbianchini a lavoro all'alba per ridipingere, sotto i nostri occhi, un locale trasformato in clinica. Lodevole volontà di agire contro il virus? Forse. Solo che ieri era il trenta aprile e sono arrivati i giornalisti, mentre qui le prime morti sospette sono avvenute in febbraio, e le analisi su Edgar risalgono a un mese fa. Monica Maggioni

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