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Febbre suina o influenza messicana? Il nome conta poco, fatto sta che quello che sembra essere destinato a divenire il nuovo caso pandemico di questi anni sta dando origine a molte discussioni.

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Quattrole case farmaceutiche in gioco: la francese Sanofi-Aventis, la Roche, la Glaxo e la Novartis. E proprio riguardo a eventuali interessi economici da parte dell'industria farmaceutica, il presidente di Farmindustria aveva messo le mani avanti: «L'atteggiamento delle aziende farmaceutiche anche per il caso dell'influenza aviaria è stato improntato alla necessaria cautela. Ai tempi sono stati predisposti rifornimenti per coprire circa quattro milioni di cittadini con antivirali, che oggi rappresentano una risposta equilibrata ad una minaccia che va tenuta sotto controllo, ma che tutti ci auguriamo si traduca in una minaccia mancata». Ma sorge un dubbio che, come la stessa influenza, ha origine in Messico. Un comunicato dello scorso 9 marzo diffuso proprio dalla Sanofi-Aventis informava che nella stessa data era stato raggiunto un importante accordo con le autorità messicane «per la realizzazione in Messico di un impianto da 100 milioni di euro destinato alla produzione di vaccini antinfluenzali». Coincidenza che lascia quantomeno spazio a interrogativi. L'annuncio era stato dato alla presenza di Felipe Calderon, presidente del Messico, e Nicolas Sarkozy, presidente della Francia. «L'impianto sarà realizzato e gestito da Sanofi Pasteur, la divisione vaccinale del Gruppo Sanofi-Aventis, rappresentato alla cerimonia dal suo direttore generale Chris Viehbacher», si legge nel comunicato. Praticamente la Sanofi-Aventis faceva un patto con le autorità messicane per investire 100 milioni di euro in uno stabilimento che avrebbe dovuto realizzare vaccini antinfluenzali appena due settimane prima dello scoppio dell'influenza che ha causato la morte di otto persone nel paese più a Sud dell'America Settentrionale. Ma in merito alle relazioni tra le acquisizioni della multinazionale francese in Messico «la posizione di Sanofi-Aventis - ha spiegato il direttore comunicazione e relazioni istituzionali Angelo Zanibelli - è quella di non commentare fanta-politica o fanta-economia».

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