Di Pietro-Pd, la resa dei conti
«Vedi Dario, non abbiamo alcuna intenzione di inseguire il Pd in una campagna elettorale "fratricida". Sarebbe una scelta miope e dannosa per il Paese che porterebbe alla vittoria di una destra autoritaria e illiberale». Come era gentile Antonio Di Pietro lo scorso 24 aprile. Affettuoso al punto giusto con il «caro Dario» cui scriveva, approfittando dell'ospitalità del Corriere della Sera, una lettera aperta per chiudere settimane di scontri e insulti. Una missiva per ribadire che la strada da percorrere, nonostante le polemiche, era quella di un'alleanza tra Pd e Idv. Soprattutto in alcune elezioni amministrative. A dire il vero il «caro Dario» (Franceschini) non fu altrettanto affettuoso: «Ho ricevuto una lettera da Di Pietro e stavo preparando una risposta. Pensavo fosse una lettera privata, invece poi l'ho vista pubblicata integralmente sui quotidiani. Gli faccio due richieste di serietà e di coerenza. In primo luogo non si candidi alle europee. In secondo luogo faccia la scelta di stare insieme a noi in alcune città e province evitando, per un calcolo elettorale di parte, di far vincere la destra». Sarà forse stata tanta scortesia a convincere Antonio Di Pietro a cambiare strategia. O meglio a esplicitare la sua vera strategia. Così ieri, intervistato da Il Giornale, il leader dell'Idv ha illustrato il suo piano politico. Roba da far impallidire il «piano di rinascita democratica» della P2. Tonino non ha dubbi: il Pd ha fallito. Un partito che mette insieme gli eredi della Dc e del Pci (al netto delle diaspore quasi la metà dell'arco costituzionale) e poi ottiene meno del 30% è evidentemente destinato a scomparire. Ma non temete, Di Pietro è pronto alla grande sfida: sarà lui, qualora l'Idv dovesse toccare alle europee quota 8%, a costruire «un grande partito progressista che sostenga una proposta di governo credibile». «Una cosa più larga, più utile, che prescinda dall'identità di una sola persona e che serve a rappresentare qualcosa di più importante». Eccoci qua. A poco più di un mese dal voto europeo e amministrativo, l'ex pm lancia l'assalto finale alla «scalcagnata» carretta del Partito Democratico che dopo l'affondo dell'ex pm è restato sostanzialmente in silenzio. Quasi tramortito. Non è un segreto, infatti, che questo è per il Pd un momento difficile. Probabilmente il più difficile. Dal voto delle europee dipenderà molto del futuro del progetto. Lo stesso congresso, previsto per ottobre, potrebbe essere rimesso in discussione dopo una cocente sconfitta. Così Tonino, conti alla mano, avrà pensato: perché non approfittarne? Dopotutto non sarebbe la prima volta. Già dopo le elezioni politiche in molti, all'interno dei Democratici, sostennero che senza l'alleanza, il 4% dell'Idv sarebbe rimasto un'utopia. Ma da allora ne è passata di acqua sotto i ponti. Oggi l'Idv ha una sua identità forte, ben distinta da quella del Pd. Tanto che Di Pietro, ieri sera a Napoli per presentare le candidature alle europee della circoscrizione Sud, non ha perso occasione per sottolinearlo: «Siamo l'unica vera opposizione al modello di governo berlusconiano, che toglie agli onesti per dare ai furbi». Un modello di opposizione che piace anche a quegli elettori del Pd stufi dei «ma anche» veltroniani e dei «sì però» franceschiniani. A loro si rivolge Tonino. Dovessero votarlo l'obiettivo futuro è già pronto: cancellare, definitivamente, il Pd. La resa dei conti è per il 6 e 7 giugno. Non mancate.