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A Onna Berlusconi fa il pacificatore "Festa di libertà ma senza neutralità"

Silvio Berlusconi a Onna

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Quando arriva nel centro del piccolo paesino scomparso lo spettacolo che si trova davanti è quasi surreale. Montagne innevate, un cielo con grandi nuvole bianche sotto un pallido sole. Tutt'intorno ci sono solo macerie, case sventrate, l'intero paese raso al suolo. Al centro della piazza il presidente del Consiglio si ferma per qualche minuto con il capo chinato di fronte alla stele, che ad Onna ricorda la strage nazista (11 giugno 1944) in cui persero la vita 17 abitanti. Un dolore a cui ora si intreccia il dramma, ancora visibile sui volti degli abitanti, del 6 aprile quando il terremoto si si è portato via 40 vite e tutti i bambini del paese. Proprio da qui Berlusconi riparte, ribattezzando il 25 aprile come la festa di tutti gli italiani, di tutti quelli che amano la libertà e «vogliono restare liberi». E c'è anche il richiamo al «rispetto» per tutti i caduti di quella pagina tragica della storia italiana e alla Resistenza come valore fondante della nazione in cui si sono riconosciuti i protagonisti di questa giornata: il capo dello Stato, il presidente del Consiglio, il leader dell'opposizione. La politica arriva ad Onna in punta di piedi per celebrare per la prima volta insieme la festa della Liberazione. Il segretario del Pd Dario Franceschini e il leader Udc Pier Ferdinando Casini non si fermano più di mezz'ora, rendono omaggio alla stele dei Caduti e parlano quasi sottovoce davanti alle telecamere. I due vanno via e arriva il premier. Ad aspettarlo c'è il capo della Protezione civile Guido Bertolaso, ci sono le istituzioni locali, capitanate dal presidente della Regione Gianni Chiodi e dal sindaco dell'Aquila Massimo Cialente. Ci sono anche numerosi partigiani arrivati armati di bandiere tricolore e stemmi della Resistenza. Alcuni di loro, tutti della Brigata Maiella, ricordata da Berlusconi proprio all'inizio del suo discorso definendola «leggendaria», si avvicinano al presidente del Consiglio e cingono intorno al suo collo lo stendardo tricolore simbolo della formazione partigiana. Il premier tiene il suo discorso dal cuore della tragedia, dall'epicentro del terribile sisma. Un discorso in cui il premier riconosce che la Resistenza fu «una grande pagina della nostra storia, sulla quale si fonda la nostra legge fondamentale, la Costituzione». Da qui l'omaggio si estende perciò a padri costituenti comunisti e socialisti, come Togliatti, Terracini e Nenni, che insieme a leader di altra fede politica «riuscirono ad incanalare verso un unico obiettivo le profonde divisioni di partenza». Il Cavaliere abituato ad andare a braccio, stavolta legge per intero il suo discorso, soppesato dalla prima all'ultima parola. Lo fa per non sbagliare, per non accendere polemiche inutili. Certo, alcuni passaggi fanno storcere il naso all'opposizione: come la proposta di cambiare il nome da festa di Liberazione a «festa della libertà» o quel richiamo alle «pagine oscure» di chi, pur combattendo dalla parte giusta, ha commesso «errori». Ma sono mine che lui stesso subito disinnesca, chiarendo che ciò non significa «neutralità»: visto che tutti gli italiani stanno con chi ha combattuto per la Patria e sottolineando che la Resistenza è uno dei «valori fondanti» della Nazione. Parole tese a ricucire, non certo a strappare. Che si chiudono infatti con un appello a superare le «contrapposizioni» per «costruire finalmente un sentimento nazionale unitario». Un invito al Pd per «lavorare insieme» e rendere così «un grande servizio al popolo italiano». A colpire è la sintonia di Berlusconi con le parole del capo dello Stato, che già aveva reso un rispettoso omaggio alla memoria di tutti i caduti. Non è un caso che anche Dario Franceschini elogi le parole del leader del Pdl, definendole «importanti», pur se «tardive». Passano così in secondo piano i distinguo in merito alla proposta di legge sull'equiparazione dei repubblichini di Salò ai partigiani e la polemica mattutina sulla questione. La giornata di Berlusconi in Abruzzo, si chiude con un breve briefing tecnico alla caserma di Coppito, il pentagono del G8. Cambio di abito, uno snack veloce con Bertolaso, Chiodi e il portavoce del governo Paolo Bonaiuti. L'elicottero è pronto a ripartire. Berlusconi lasciando la scuola dei finanzieri, saluta i cronisti che lo aspettano senza però rilasciare dichiarazioni. «In una giornata come questa, è giusto ora fare silenzio».

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