25 aprile, Alemanno rinuncia

Alla fine Alemanno ha scelto di non andare. Doveva essere un'occasione storica. Ma all'ultimo momento il sindaco di Roma ha scelto di non presentarsi a Porta San Paolo dove i partigiani lo aspettavano per celebrare la Liberazione nel luogo simbolo della Resistenza romana (414 militari e 156 civili il 10 settembre 1943 qui morirono nel tentativo di fermare l'invasione nazista). Quell'atto concreto verso la «memoria condivisa» invocata dal Capo dello Stato non c'è stato. Ieri mattina, alle 9.30, appena terminata la celebrazione con le più alte cariche dello Stato all'Altare della Patria, il sindaco di Roma ha scelto di rinunciare.  Una breve consultazione ai piedi del Vittoriano con un funzionario della Questura e poi la decisione: «Mi è stato comunicato che i centri sociali hanno organizzato una mobilitazione a Porta San Paolo contro la mia presenza, pronti a contestarmi anche in modo violento. Come atto di responsabilità e per non turbare la manifestazione rinuncio ad andare». Il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti e il governatore del Lazio Piero Marrazzo, appena finita la cerimonia al Vittoriano al fianco di Alemanno, erano già partiti. I partigiani li aspettavano alle 10 a Porta San Paolo. I centri sociali erano già lì, pronti ad «accogliere» il sindaco. Non erano molti. Un ventina di ragazzi appartenenti alla Rete antifascista attrezzati con megafoni, striscioni e un furgoncino. Ma con le idee chiare: «Eravamo pronti a contestarlo e siamo fieri che non sia venuto a casa nostra - hanno commentato soddisfatti - Alemanno voleva venire nella piazza dove è nata la Resistenza romana e per noi un sindaco fascista non è ben accetto». Ma il grosso della piazza era un altro: decine di bandiere di Pd, Italia dei valori e Sinistra (alcune anche con la falce e il martello) e, soprattutto le insegne delle associazioni dei partigiani. Centinaia di persone che attendevano Alemanno per sentire quali parole avrebbe usato. Parole che in quegli stessi attimi il sindaco pronunciava davanti al monumento di Forte Bravetta dove tra il 1943-44 furono fuciliati 77 partigiani: «Se fossi andato a Porta San Paolo - ha detto - avrei testimoniato come questa sia una festa di tutti, la Liberazione è il fondamento della democrazia e della libertà». Ma Alemanno, nonostante non fosse presente, i fischi li ha presi lo stesso: quando il presidente dell'associazione Partigiani (Anpi) Massimo Rendina lo ha ringraziato per «le parole spese nei giorni scorsi sulla Liberazione», dalla folla si sono levati alcuni sibili di protesta. Ma il «veterano» dei partigiani ha avuto anche parole meno concilianti: «Sono preoccupato per la mentalità fascista che ancora si può trovare ai vertici dello Stato». Dopo Rendina ha preso la parola Zingaretti che dal palco ha detto chiaramente «che non ci deve essere la paura di venire in una piazza». Poi è stata la volta di Marrazzo che ha infiammato la folla (è lui che ha strappato l'applauso più convinto): «Bisogna sempre ricordare e non confondere chi combatteva dalla parte giusta e chi dalla parte sbagliata». E a dimostrazione che Alemanno si sarebbe presentato davanti al popolo dei partigiani e della sinistra in una veste inedita lo dimostra il fatto che a Forte Bravetta ha firmato la petizione contro la proposta di legge presentata da alcuni parlamentari del Pdl per l'equiparazione dei repubblichini di Salò ai partigiani. Una volta archiviato «il caso Alemanno», alle 11.30 la manifestazione organizzata dall'associazione Partigiani si è trasformata in un corteo che ha sfilato per le vie di Roma. In testa i collettivi studenteschi e i centri sociali. È allora che sono apparse le bandiere della Palestina, di Cuba e quelle con la falce e il martello. E i cori anti Alemanno sono tornati a farla da padrone. Raggiunta piazza Vittorio, blindata dalle forze dell'ordine, il corteo si è sciolto pacificamente. L'appuntamento è al prossimo anno.