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Sinistra spocchiosa e perdente

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Quando Delanoe lamenta (nel corso di un incontro organizzato dal Partito Democratico italiano, particolare tutt'altro che irrilevante) il fatto che i suoi rapporti con il sindaco Alemanno non potranno essere buoni come quelli con Veltroni a causa dei saluti romani che ne hanno accolto l'elezione sotto il Campidoglio, finisce per commettere un doppio e gravissimo errore. Il primo è che falsa la storia, poiché quella sera a festeggiare il sindaco c'era molta gente che salutava in ben altro modo. Il secondo è quello di non considerare minimamente il percorso compiuto in questi anni dalla destra italiana, che oggi è grande forza popolare capace di amalgamare esperienze politiche diverse che hanno la democrazia liberale come unico riferimento d'impianto istituzionale. La svista di Delanoe però non è frutto di una botta di caldo o di un drink rimasto sullo stomaco. Essa è figlia di un approccio ben radicato a sinistra, quello che guarda sistematicamente la pagliuzza nell'occhio dell'avversario senza mai notare la trave nel proprio. Solo così infatti si comprendeno quelle parole. Solo così si intuisce come mai egli non abbia sentito il dovere di rimproverare ai suoi interlucutori ed alleati italiani del Pd i decenni di militanza comunista di molti suoi dirigenti, quando essere comunista significava guardare alla disgustosa dittatura stalinista come ad un modello di organizzazione sociale accettabile e comunque mai criticabile. La sinistra europea (ed italiana in particolare) ha molte cose da farsi perdonare davanti al tribunale della storia, poiché nella seconda metà del XX° secolosi è spesso trovata dalla parte sbagliata. Essa ha coperto tutto il peggio del movimento del '68, fino ad atteggiamenti indulgenti verso assassini e terroristi, in cui la Francia si è distinta in modo particolare. Ha contrastato duramente la libertà d'impresa e la cultura del merito e della responsabilità, consegnando alle generazioni successive un'idea del lavoro come diritto certo che oggi si frantuma contro l'atualità della crisi e della concorrenza globale. Ha appoggiato in chiave anti-americana ed anti-occidentale mille e mille istanze che spesso altro non erano se non espressione degli interessi di dittatori di tutti i continenti. Oggi la sinistra europea farebbe bene a guardare in casa propria, dopo l'incredibile serie di sconfitte cui è andata incontro negli ultimi anni. Quando David Cameron succederà a Gordon Brown al n. 10 di Downing Street avremo Francia, Italia e Gran Bretagna governate dalla destra, mentre in Germania i socialisti sono costretti a votare il governo di Angela Merkel (la cui casa è il Ppe) pur di restare nel gioco vero della politica tedesca. Lo stesso è accaduto recentemente in diversi paesi dell'est e del nord Europa, a dimostrazione del fatto che la crisi della sinistra è strutturale e non episodica. C'è infatti molto di ripensare da quelle parti, a cominciare dal legame a doppio filo con organizzazioni sindacali (come la Cgil italiana) che rappresentano ormai elemento di freno ed arretratezza, poiché sempre schierate a difesa di interessi corporativi con lo sguardo rivolto al passato. Delanoe dovrebbe cercare di dare un contributo ai suoi, prima di cercare problemi (fasulli) in casa degli altri. Ma è più forte di lui, anzi di loro: si credono giusti, infallibili, inattaccabili. Invece sbagliano pesantemente da anni, forti di un'arroganza intellettuale che è la prima causa di tante loro sconfitte. Se poi volgiamo lo sguardo all'Italia, troviamo le parole di Franceschini. Senza criticare Delanoe ammette che l'elezioni di Alemanno a sindaco di Roma deve essere rispettata come espressione della volontà dei cittadini. Giusto, per carità. Ma, francamente, un po' poco. La legittimazione del risultato di Roma non dipende da Franceschini, qualunque cosa pensi lui. Essa è nei numeri, punto e basta. Il segretario del Pd avrebbe potuto usare parole più nette. E lo diciamo per lui.

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