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Berlusconi porta il G8 a L'Aquila

Silvio Berlusconi

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L'ultima scelta parla chiaro. E la decisione è proprio di ieri mattina. Il premier ha deciso di spostare il vertice del G8, inizialmente previsto all'isola della Maddalena, a L'Aquila. Portare il summit nella città terremotata avrà molteplici effetti positivi. Il primo è riportare alla ribalta del mondo la città, portare gli uomini più potenti della Terra tra le macerie, mostrare loro la tragedia e farli partecipare alla ricostruzione, invitandoli ad adottare un monumento e a metterci i fondi. E poi c'è quello che lo stesso Berlusconi ha spiegato in conferenza stampa. Ovvero, il G8 costa 220 milioni di euro, sono i soldi necessari per completare la risistemazione dell'arsenale militare dell'isola sarda. Tanto vale utilizzare quei fondi per la ricostruzione in Abruzzo. «Chiedo scusa al presidente della regione Sardegna, che non abbiamo avuto modo di avvisare — ha detto Berlusconi nel corso della conferenza stampa nella caserma della Guardia di Finanzia di Copito, a qualche chilometro da L'Aquila —, ma posso già dire che l'isola potrà ospitare in autunno un summit sull'ambiente per cui sto avendo contatti con il presidente americano Obama. Del resto la Maddalena è il contesto più lussuoso in cui la riunione si sarebbe svolta e sarebbe stato poco consono con il periodo di crisi che l'economia mondiale sta vivendo». Poi ha lanciato il guanto di sfida ai no global che ormai assaltano qualunque vertice internazionale: «Non credo che i no global avranno la faccia di venire in questi luoghi a organizzare manifestazioni dure come quelle a cui siamo stati abituati in passato». Il presidente sardo Ugo Cappellacci ha detto che la Sardegna è pronta a fare al sua parte, ma cita «problemi di natura tecnica e organizzativa che non possono consentire lo spostamento del summit in termini operativi». «Se vi saranno poi soluzioni intermedie per raggiungere l'uno e l'altro obiettivo - ha proseguito Cappellacci - saremo tutti orgogliosi di poter contribuire al risultato finale». Fin qui la cronaca. Condita anche da sostanziali via libera giunta dagli americani: «So che il presidente Obama si è sentito con il presidente Berlusconi» ha detto Lisa Jackson, responsabile dell'Agenzia di protezione ambientale americana rispondendo a Siracusa, dove è in corso il G8 ambiente. E ok anche da Dowing Street. Di sicuro negli occhi di Berlusconi continuano a scorrere le immagini dei primi giorni del terremoto. In privato ha raccontato ai suoi come sia rimasto colpito dalle persone che lo hanno avvicinato e che gli hanno raccontato come il solo fatto di vederlo girare tra i campi abbia loro dato sollievo. «Mi dicevano: "Torna, presidè. Torna"», ha raccontato in questi giorni in diverse occasioni. È rimasto scioccato ai funerali, davanti alla file delle bare. Girava tra i familiari alle esequie pubbliche, s'è messo a parlare ai feretri, ha giurato di fare di tutto per alleviare le sofferenze ai superstiti. Ha giurato anche sui suoi cari. Esserci è stato l'imperativo di questi giorni. Perché il solo fatto di esserci era non solo un semplice atto di testimonianza. Si è sentito il nonno degli abruzzesi, ha sentito sulle spalle, sulla pelle viva quel bisogno. Ha prevalso uno dei punti cardinali dell'educazione salesiana, che lo ha condizionato sin da bambino: la carità. L'emozione poi è scemata giorno dopo giorno. E ha prevalso la ragione. Così, da papà degli abruzzesi, Berlusconi s'è trasformato in mister Wolf, quello del film Pulp fiction. Quello che bussa alla porta e dice: «Sono il signor Wolf e risolvo i problemi». Quello che spiega: «Ci vogliono trenta minuti, ce ne metterò dieci». Perché il Silvio nazionale, quello che si sente il premier non più di una parte, di una sola parte, ma di tutti gli italiani, ha capito la sua nuova mission: risolvere i problemi. I problemi impossibili. Ha avuto tutto dalla vita. I soldi. Il successo. Le donne. L'Italia. Ora vuole passare alla Storia. Entrare nelle enciclopedie con la speranza che alla sua voce si ricordi che ha risolto questioni che sembravano insormontabili. Napoli. Certo, Napoli. E ora l'Abruzzo. Ci mette la faccia. Si rimbocca le maniche e vuole fare quello che in Italia non si è mai riusciti a fare. Ricostruire senza chiedere soldi a tutti. Ricostruire senza sprechi. Ricostruire meglio di prima. A Palazzo Chigi raccontano di valanghe di mail di elettori di sinistra che incoraggiano il Cav. Il quale ha capito: gli italiani vogliono che faccia. È questo che si aspettano dalla politica. Se c'è una frase che da giorni ripete ai suoi è: «Darò loro una casa prima di Natale». Vuole togliere di mezzo le tende prima possibile. È un Berlusconi diverso da quello del terremoto in Molise, del 2002. Fu una tragedia più piccola per entità delle vittime ma più grande per la tenera età dei morti, tutti bambini. Eppure in quella circostanza Berlusconi è intervenuto di tasca propria sborsando dai suoi conti personali qualche decina di migliaia di euro per restaurare un pezzo del borgo antico di San Giuliano di Puglia. Stavolta lo farà lo stesso ma non andrà più via fino a quando non avrà risolto. È anche un Berlusconi diverso da quello di appena qualche mese fa, quello che immaginava il G8 alla Maddalena con appendice a Villa Certosa, a casa sua. Quello che immaginava la festa sfarzosa nella sua tenuta con i grandi del mondo. Putin ne sa qualcosa visto che già gli ha fatto visita. Non è più epoca, c'è la crisi mondiale e il messaggio che il Cavaliere invita tutti i grandi a lanciare è che i potenti della Terra lascino perdere le bellezze mozzafiato del mondo, che di solito hanno fatto da scenario a questi vertici, e si trasferiscano nei luoghi della sofferenza. Anche in questo caso, c'è da crederci, lascerà il segno.

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