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Il 25 Aprile non è la festa di tutti

Festeggiamenti nella Capitale per il 25 Aprile

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Ospite non gradito di partigiani, sinistra più o meno radicale, «resistenti» vari. Il primo della lista è ovviamente il premier Silvio Berlusconi. Anche ieri il segretario Pd Dario Franceschini lo ha invitato a dire «parole chiare e inequivocabili sui valori della Resistenza, dell'antifascismo e della Costituzione». Un passo necessario visto che, come spiega Antonio Di Pietro, «a lui non gliene frega proprio niente. Fa e dice tutto questo solo perché è in campagna elettorale». Ancora più netto il giudizio di Paolo Cento (oggi militante sotto le insegne di Sinistra e Libertà): «Sarebbe del tutto inaccettabile la sua presenza durante la celebrazione di questa data storica». Mentre David Sassoli, fresco di candidatura alle europee con il Pd, ha già imparato la lezione: «Berlusconi bisogna sempre invitarlo a fare qualcosa, invece a noi viene spontaneo ricordare che il 25 aprile è un giorno importante». Eccolo qua il problema. Noi e loro. Altro che festa di tutti. Sembra di essere nel 1945. Da una parte i vincitori, dall'altra i vinti che, ovviamente, rappresentano ancora un pericolo per la democrazia. Soprattutto ora che sono al governo. Lo sa bene il sindaco di Roma Gianni Alemanno, finito da giorni nel mirino dell'Associazione nazionale partigiani d'Italia che, rompendo una tradizione, quest'anno non invierà una propria delegazione in Campidoglio al termine del corteo che partirà sabato mattina da porta San Paolo destinazione Piazza Vittorio. Ieri L'Unità, nella sua fascia rossa in prima pagina, pubblicava le parole di Piero Terracina (sopravvissuto ai campi di sterminio, che lo scorso anno venne insultato durante il corteo romano perché sfilava con bandiere con la stella di Davide): «Sarebbe grave se Alemanno partecipasse da ex fascista alle celebrazioni del 25 Aprile per equiparare le vittime e i carnefici. Deve decidere: fascismo o antifascismo. E credo che antifascista non lo diventerà mai». Preoccupato anche il presidente dell'Anpi Roma Massimo Rendina secondo il quale nella Capitale «c'è il rischio di una autoritarismo di ritorno» visto che il sindaco continua «a proteggere gruppi neofascisti e bastonatori a piede libero». «La democrazia nella nostra città traballa» gli fa eco il consigliere del Pd alla Regione Lazio Enzo Foschi. In realta Alemanno, annunciando che sabato andrà all'altare della Patria e poi «seguirà gli altri eventi istituzionali presenti a Roma», spiega di ritenere «doveroso onorare i cadutiper la libertà e condannare nazismo e fascismo». Ma non importa. Il pericolo resta. Non va meglio a Milano dove sabato si terrà la manifestazione che, oltre a Franceschini e a numerosi big del Pd, avrà ospiti il leader della Cgil Guglielmo Epifani e l'ex Capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro. Qui ricordano ancora il 25 aprile di tre anni fa quando l'allora ministro dell'Istruzione Letizia Moratti, candidato sindaco nel capoluogo lombardo, partecipò al corteo con il padre, ex deportato a Dachau, in carrozzella. Fu accolta con fischi e urla. E non le andò meglio l'anno successivo quando, in qualità di primo cittadino, salì sul palco di piazza Duomo. Forse anche per questo, quest'anno, non ha ancora fatto sapere se parteciperà o meno al corteo. Così come non ha ancora sciolto la riserva il governatore lombardo Roberto Formigoni, che però ricorda il 25 aprile del 1995 quando, «a pochi giorni dall'insediamento come presidente della Regione Lombardia, fui oggetto di attacchi e insulti». Gli stessi che nel 2002 ricevette, a Bologna, il sindaco Giorgio Guazzaloca. «Fischi sacrosanti» commentarono i Verdi Paolo Cento e Mauro Bulgarelli. Napolitano avrà anche a ragione a dire che «non è una festa di una parte sola», ma a sinistra la pensano un po' diversamente.

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