Referendum, il governo fisserà il 14 giugno
Fissazione della data al 14 giugno, poi un eventuale rinvio. È lo scenario sul fronte del referendum sulla legge elettorale, alla vigilia di una settimana decisiva. Tramontata ormai l'ipotesi di un rinvio al 2010, vista la contrarietà della Lega e di parte dell'opposizione, si continua a lavorare su un accorpamento con i ballottaggi delle amministrative. Continuano intanto le polemiche sui costi della consultazione. Perciò il ministro leghista Roberto Calderoli si dice convinto che alla fine gli italiani saranno chiamati a votare per tre domeniche consecutive. Il 24 aprile scade il termine ultimo per indire il referendum a norma di legge il 14 giugno. Qualsiasi soluzione alternativa, anche l'ormai irrealistico election day che comitato promotore, Pd e Idv continuano a invocare, richiederebbe un intervento straordinario con decreto. E allora, secondo il ministro della Difesa Ignazio La Russa «è sicuro» che il governo nel Consiglio dei ministri di venerdì fisserà la data del 14. Solo dopo, e solo se il ministro Maroni riuscirà a trovare la necessaria convergenza, si potrà varare il decreto per l'accorpamento del referendum ai ballottaggi. Il successo del referendum «non lo vuole nessuno», dice Calderoli, tranne Gianfranco Fini e la parte del Pdl proveniente da Alleanza nazionale. In effetti non pochi si proclamano esplicitamente contrari alla consultazione. Oltre al Carroccio, l'Udc di Pier Ferdinando Casini, ma anche il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto. Sono sempre più, del resto, le voci nella maggioranza che accusano il segretario del Pd di «strumentalizzare» un referendum che in realtà non vuole. La campagna sui 400 milioni che si sarebbero risparmiati con l'election day, secondo il capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri, è solo «propaganda» e «sciacallaggio». «Si stanno arrampicando sugli specchi - risponde Franceschini - perchè la cifra è quella, ma anche se fosse un solo milione, sarebbe assurdo buttarlo dalla finestra su ricatto di Bossi, in un momento in cui servono risorse». Sui costi interviene il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti: «andrebbero messi a carico dei referendari», dice. E poi aggiunge che l'election day sarebbe stato «contro lo spirito e la logica della costituzione» e che non si può risparmiare «violando la legge». E se il presidente del comitato promotore, Giovanni Guzzetta, accusa il ministro di essere «ignorante, nel senso che ignora i fondamentali del diritto costituzionale», la deputata dell'Idv Silvana Mura sfida l'intero governo: sui costi riferisca in Parlamento.