L'Aquila, ancora crolli in centro

{{IMG_SX}} Valentina aveva paura. Prima della grande scossa ha preparato la valigia, si è vestita e si è seduta su una poltrona, pronta a fuggire in caso di pericolo. Non ha fatto in tempo. Il palazzo dove viveva con i genitori a Collemaggio le è crollato addosso, schiacciandola. Il papà e la mamma, invece, che erano distesi nel loro letto, si sono salvati grazie a un divano con l'«armatura» in ferro, che ha bloccato una trave portante e gli ha impedito di fare la stessa atroce fine della figlia. Il soffitto si è fermato a pochi centimetri dai loro corpi e i vigili del fuoco sono riusciti ad estrarli dalle macerie dell'appartamento al primo piano venti ore più tardi, rischiando loro stessi la vita. La donna sta bene, l'uomo, invece, è ancora ricoverato in prognosi riservata all'ospedale di Teramo. Per Valentina Rossi, 31 anni, avvocato, «una ragazza bella e buona», come la ricordano gli amici, non c'era più niente da fare. I pilastri dell'edificio in via Gualtieri d'Ocre sono letteralmente «esplosi» verso l'esterno, probabilmente a causa della scarsa densità di barre metalliche longitudinali e di staffe orizzontali. Lo stabiliranno le perizie, lo sancirà l'inchiesta condotta dalla magistratura aquilana. Sta di fatto che il primo piano della palazzina è scomparso, cedendo sotto il peso dello stabile, praticamente ingoiato dal piano superiore, e la ragazza è rimasta lì sotto. E pensare che, verso mezzanotte aveva chiamato un amico e gli aveva chiesto: «Che devo fare, vado via da casa o aspetto?», aveva risposto lui, che ora si sente in colpa per non averle consigliato di andarsene, di scappare via da quella tomba di calcestruzzo e mattoni. Ma nessuno dei due poteva immaginare che Valentina stava aspettando la morte. Oggi, tra il soffitto e il pavimento dei due appartamenti, si può vedere ancora la valigia verde scuro dell'«avvocato Rossi», piena delle sue povere cose, testimonianza di una tragedia non prevista e forse non prevedibile, ma certamente temuta dai 70 mila abitanti del capoluogo, esasperati dallo stillicidio di scosse che ha preceduto quella fatale, eppure incerti sul da farsi e tranqullizzati dalle autorità. Il palazzo di Valentina non era vecchio. È stato costruito verso la metà degli Ottanta. Avrebbe dovuto essere antisismico. Avrebbe dovuto reggere. Così non è stato. E anche se numerosi suoi «coetanei»nelle zone nuove dell'Aquila, da via Aldo Moro, a Santa Barbara, al Torrione, da via Strinella a Valle Pretara, hanno sopportato meglio l'urto del terremoto, le lesioni esterne sono evidenti. Ed eloquenti anche per un occhio non esperto. Probabilmente molti sono stati dichiarati agibili, o lo saranno. I cittadini, però, ora si chiedono se non era il caso di costruirli più bassi, senza la tamponatura in cortina, che ha ferito molte persone in fuga, e soprattutto con criteri moderni che tenessero conto della faglia che attraversa la città. Una città-fantasma ormai, specialmente nella zona antica, quella del centro storico. Una sensazione spettrale amplificata dal divieto per chiunque di percorrere il cuore ferito dell'Aquila. Strade deserte, macerie ovunque, un silenzio lugubre rotto solo dallo scricchiolio del pietrisco sotto le scarpe. In piazza San Pietro Coppito, ricorda qualcuno, ogni giovedì sera si riunivano almeno un migliaio di studenti. Tiravano fino a tardi. Bivaccavano aspettando l'alba e bevendo una birra dietro l'altra. Se la scossa assassina fosse arrivata durante uno di questi «giovedì universitari», come li chiamano qui, sarebbe stata un'altra strage. Molti edifici della piazza, infatti, hanno collassato, pietre e mattoni sono caduti al suolo come bombe. Stesso discorso per il resto del centro. Ecco, molti l'hanno già detto e scritto, ma è questa la sensazione ricorrente: L'Aquila sembra una città bombardata, una città da day-after e tu l'attraversi come se fossi uno dei pochi sopravvissuti. Incredulo, spaventato, inorridito. Le immagini non traducono la vastità quasi geometrica della devastazione. I click dei fotoreporter si sono concentrati sugli edifici che garantiscono uno scatto più spettacolare. Ma se giri per L'Aquila, ti rendi conto che quasi nessun palazzo del centro è stato risparmiato dalla furia del terremoto. E, quello che era rimasto in piedi dopo i drammatici venti secondi di lunedì, spesso è tracimato in queste due settimane di stillicidio sismico, completando l'opera sinistra del «mostro» tellurico. Da ieri, infine, con la pioggia che ha cominciato a cadere copiosa, il rischio di nuovi crolli è diventato più concreto. E per la città in ginocchio e i suoi abitanti terrorizzati il giorno della rinascita sembra ancora più lontano.