Gli attacchi della sinistra per spaccare la maggioranza

Frai quali c'è anche la scomparsa graduale del voto di preferenza,su cui adesso si spargono tante lacrime tardive o insincere. È pertanto augurabile un punto e a capo. Che si svolga il 14 giugno da solo, o il 21 insieme con i ballottaggi amministrativi, o che venga rinviato di un altro anno ancora, com'è già accaduto nel 2008 per le sopraggiunte elezioni politiche,spero che il triplice referendum predisposto con tutti i timbri necessari della Cassazione e della Corte Costituzionale sia veramente l'ultimo ad ammorbare e complicare la politica. Non ce ne siano propinati altri, per favore. Non a caso, d'altronde, l'Assemblea Costituente aveva modificato il testo uscito dalla competente commissione per inserire la materia elettorale, insieme con le leggi tributarie e di bilancio,di amnistia e di indulto e di ratifica dei trattati internazionali, fra quelle non ammissibili a referendum. Per un errore, non si è mai capito se casuale o doloso, scoperto dopo molti anni da Giulio Andreotti consultando i verbali, quella modifica scomparve dal testo della Costituzione promulgato il 27 dicembre 1947. Sarà forse il caso di porvi rimedio se e quando se ne avrà l'occasione, con o senza il permesso delle tante vestali sempre pronte a demonizzare ogni riforma costituzionale a loro non gradita. Purtroppo l'intero istituto del referendum abrogativo, sicuramente apprezzabile per la possibilità che conferisce agli elettori di esprimersi su una legge sottoposta al loro esame,è stato rovinato dall'abuso che se n'è fatto, paragonabile ad una vera e propria indigestione. Gli elettori ne sono tanto stufi, ne diffidano ormai a tal punto che sempre più di frequente lo rifiutano in partenza. I professionisti del referendum fanno presto a raccogliere le 500 mila firme necessarie per promuoverlo, richieste dalla Costituzione quando quella cifra costituiva una montagna altissima da scalare, ma non riescono più a portare alle urne la metà più uno degli aventi diritto al voto. Che è il cosiddetto quorum prescritto dalla Costituzione perché il risultato di una prova referendaria d'abrogazione risulti valido. Per spingere gli elettori al voto, senza restarsene più comodamente e semplicemente a casa, i promotori del referendum di turno cercano sempre di abbinarlo ad altre prove elettorali. Ce ne sono quasi ogni anno, tra rinnovi del Parlamento Europeo e di Consigli regionali, provinciali e comunali. Non si è ancora osato reclamare l'abbinamento alle elezioni politiche generali solo perché esso è vietato espressamente da una norma di legge, che qualcuno soffre come una prepotenza. Ma che risponde invece alla giustissima necessità da una parte di evitare confusione tra campagne elettorali diverse, dall'altra di dare alle Camere in via di rinnovo la possibilità di abolire di loro iniziativa, o di modificare, la legge sottoposta a verifica popolare. Questa volta per sostenere la loro convenienza tutta politica ad abbinare il triplice referendum sulla legge elettorale in vigore ad altre elezioni i suoi promotori hanno scoperto e reclamato la necessità di risparmiare sulle spese dei seggi e degli scrutatori e di destinarne ai terremotati d'Abruzzo l'ammontare. Che varia, a seconda di come lo si calcola,da 50 a più di 400 milioni di euro. Ci sarebbe solo da chiedere scusa ai terremotati per l'uso strumentale che si fa delle loro disgrazie ed esigenze, e agli elettori per l'abuso che si fa delle loro emozioni, o della loro incapacità tecnica di valutare bene i costi reali della vicenda. Spiace, almeno a me, in questa commedia degli inganni che si sta recitando anche la parte che ha deciso di recitarvi il presidente della Camera Gianfranco Fini. Il quale, avendo a suo tempo fortemente contribuito alla raccolta delle firme di questo triplice referendum e temendo forse di smentirsi,ne ha ora sostenuto lo svolgimento nelle date e nei modi reclamati dal comitato promotore. Eppure dalla raccolta delle firme ad oggi è intervenuta nello schieramento politico italiano, in particolare grazie alle elezioni dello scorso anno, gran parte della semplificazione alla quale il referendum era diretto con il tentativo di assegnare il premio di maggioranza non più alla coalizione di chissà quanti e quanto diversi partiti, ma alla lista più votata. È incredibile come Fini mostri di non rendersene conto e, volente o nolente, abbia in questi giorni fornito una sponda alle polemiche dei professionisti del referendum contro il governo. Polemiche peraltro mosse anche dal tentativo, fortunatamente fallito, di alimentare nella maggioranza contrasti insanabili con la Lega, contrarissima alle pretese dei referendari, anche a costo di una crisi di governo. E ciò proprio nel bel mezzo, come ha giustamente lamentato Silvio Berlusconi, dell'emergenza sismica in Abruzzo e dell'emergenza economica nazionale importata dall'estero, nonché alla vigilia degli importanti vertici internazionali programmati in Italia.