Quei parroci venuti da lontano
{{IMG_SX}}I preti dell'altro mondo. In questo spicchio d'Abruzzo martoriato dalla furia della terra i parroci sono in prima linea. Sacerdoti che vengono da Paesi lontani: dal Sud America, dall'Africa, dall'Europa dell'Est. Più del 50 per cento dei religiosi della Diocesi de L'Aquila sono stranieri ma integrati nel territorio come pochi. C'è don Giorgio di Poggio Picenze che viene da Medellin in Colombia. Suo fratello Climaco anche lui è parroco a Castelnuovo e Barisciano. Poi c'è don Dionisio,colomabino, che regge la parrocchia di Paganica. Don Emeka, nigeriano, prete a Navelli, E ancora, don Tito titolare della Chiesa a Tussio e Bominaco e viene anche lui dalla Nigeria. A Bagno invece c'è un sacerdote della Guinea Bissau, don Luciano Bakalè che studia Scienze della comunicazione alla Pontifica università salesiana a Roma, nominato appena due giorni prima del terremoto parroco di una chiesa in cui non è riuscito a entrare. È crollata la notte del terremoto. Ci sono poi don Benjamin a Picenze che arriva dall'India e a Onna, la frazione annientata dal terremoto,padre Cesare, venezuelano. «Il Papa vorrei che venisse qui in questa tendopoli - afferma don Giorgio di Poggio Picenze - in mezzo alla gente che soffre. Il mio è un invito e una supplica». Come altri religiosi anche lui è sopravvissuto al crollo della canonica, il tempo di mettere in salvo alcuni paramenti e poi il mattino dopo, grazie ai vigili del fuoco, ha recuperato i calici e le pissidi con le ostie consacrate. Il vescovo Giuseppe Molinari non ha abbandonato i suoi preti. Li ha chiamati uno a uno. «Il vescono è veramente il padre di ognuno di noi», spiegano i preti terremotati. Il terremoto ha risvegliato il bisogno di fede e i preti sono in mezzo alla gente con la chiesa in una tenda. Ma non solo con la preghiera. Tutti stanno raccogliendo aiuti dalle parrochie di altre diocesi e li distribuiscono alla popolazione.