Il monito: «La conversione dei decreti rimanga nei limiti»
Diversamente si superano i limiti imposti dalla Costituzione e si ledono i poteri di garanzia del capo dello Stato. Il 9 aprile scorso, dopo aver controfirmato il decreto legge «incentivi», Giorgio Napolitano lo ha scritto in una lettera inviata al premier Silvio Berlusconi, al ministro dell'Economia e ai presidenti delle Camere. Un richiamo forte ma che Napolitano ha già fatto altre volte, anche nella legislatura precedente, rivolgendosi al governo guidato da Romano Prodi. Nelle intenzioni del capo dello Stato la lettera era destinata a restare riservata, rientrando nella attività di moral suasion e di collaborazione istituzionale avviata da Napolitano. Ma nel pomeriggio qualcuno l'ha resa nota, e la notizia è stata diffusa dalle agenzie, cogliendo di sorpresa il Quirinale, che non ha nascosto un senso di fastidio per l'accaduto, ma ha confermato che effettivamente la missiva era stata inviata. La notizia è arrivata mentre Napolitano discuteva con Felipe Gonzalez del futuro dell'Europa, in un incontro al Quirinale al quale era presente Gianfranco Fini, che ha avuto un breve colloquio con il capo dello Stato. Poi, interpellato dai giornalisti, Fini ha glissato, limitandosi ad ammettere che la lettera c'era. Ma cosa aveva veramente scritto Napolitano? Quale richiamo aveva fatto? Di fronte alle indiscrezioni, il Quirinale ha consultato i destinatari della missiva e, d'intesa con loro, ha diffuso una nota che ne illustra i contenuti. La lettera, spiega il Quirinale, era riferita alla promulgazione del decreto legge «incentivi», che prevede misure urgenti per i settori industriali in crisi, approvato in via definitiva l'8 aprile «in un testo ampiamente modificato nel suo contenuto e nel numero di articoli rispetto al decreto legge originariamente emanato» con il consenso del presidente della Repubblica; in un testo in cui, fra l'altro, è stata inserita la normativa sulle quote latte. Napolitano, precisa la nota del Quirinale, non ha fatto altro che riproporre osservazioni fatte altre volte sul fatto che gli emendamenti ai decreti devono rispettare «rigorosamente» i limiti previsti per i decreti, limiti recentemente richiamati dalla Corte Costituzionale. Inoltre, nella sua lettera, Napolitano faceva notare in particolare che sottoporgli in extremis, per essere promulgato, un decreto legge «notevolmente diverso da quello a suo tempo emanato, non gli consente l'ulteriore pieno esercizio dei poteri di garanzia che la Costituzione gli affida», per verificare la sussistenza dei requisiti di straordinaria necessità e urgenza e per la corretta copertura delle nuove e maggiori spese introdotte, e anche per valutare adeguatamente quali effetti potrebbe produrre la decadenza del decreto se egli decidesse di non firmarlo, avvalendosi del potere di rinvio dell'articolo 74 della Costituzione.