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Uno strappo che anticipa

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(...)Lo scontro congressuale nel centrosinistra. Secondariamente perché a Roma il disagio espresso da Bettini testimonia le difficoltà nella sinistra di una transizione dal veltronismo ad un nuovo assetto, che sembra consumarsi nel segno di un conflitto interno acefalo e privo di progettualità. Il tentativo di Franceschini di marginalizzare un personaggio come Bettini non determina, soprattutto nella Capitale, conseguenze di poco conto: quindici anni di egemonia, prima con Rutelli, poi con Veltroni, portano nella storia recente dei partiti che hanno determinato la nascita del Pd l'impronta di Bettini. Non si è però lontani dal vero affermando che tanto i fasti quanto gli errori di quella classe dirigente siano nati all'ombra di un'intelligenza prevalente, che certo non tirava tutte le fila della rappresentazione, ma scriveva i soggetti e assegnava le parti principali, con il gusto aristocratico di restare nell'ombra pur costruendo un modello politico effimero e tenuto insieme, in massima parte, da una formidabile proiezione mediatica. Questa intelligenza non si esauriva nella pur imponente persona fisica di Goffredo Bettini, ma comprendeva un gruppo di giovani amministratori cresciuti nella sua ombra ed un fitto sistema di relazioni, molto più esteso e qualificato di quanto comunemente si creda. Quel sistema ha rappresentato il patrimonio più sicuro di coesione dell'orchestra dei poteri che si affollavano - e a volte si affrontavano - sulla scena romana intorno al progetto veltroniano. La lettera di benservito che Bettini ha indirizzato a Franceschini ci racconta di un Pd che ritiene ormai inutile ogni tentativo di riconquistare quel sistema di relazioni, ritenendo evidentemente la classe dirigente romana perdente e perduta, inghiottita dall'implosione del veltronismo che ha fatto seguito alle dimissioni dell'ex sindaco di Roma. Già. Veltroni: viene quasi da chiedersi che fine abbia fatto, mentre vengono abbattuti tutti i simboli della sua effimera stagione non dai sanculotti, ma da nerboruti estremisti di centro. Le prossime ore ci racconteranno le nuove puntate di questa strana campagna elettorale per le elezioni europee, che la sinistra italiana ha deciso di perdere nel modo più disastroso, illudendosi che il conto della disfatta non verrà equamente diviso fra tutti i protagonisti di questa sfortunata stagione. Infine resta da dire qualcosa sui vizi molto italiani che fanno capolino in questa vicenda: poche figure politiche hanno collezionato riverenze, piaggerie e salamelecchi come il ticket Bettini-Veltroni. Intellettuali, politici, sindacalisti, attori, ballerine, nani e cantanti hanno fatto per anni a gara nel descrivere il primo come una credibile reincarnazione di Solone ed il secondo come la personificazione terrestre del dio Ra. Si sono lette e sentite le celebrazioni più ridicole ed imbarazzanti del «modello Roma», firmate dagli stessi cortigiani che oggi ti spiegano, con grande lucidità ed illuminate metafore moralistiche, che il veltronismo era solo un fenomeno mediatico dietro il quale si incancrenivano i problemi reali della Capitale. Nello stesso Pd non mi riesce di ricordare una sola, seria critica avanzata contro il veltronismo ed il suo regista fino alla sconfitta dello scorso anno. Eppure oggi discutiamo della possibilità che il nuovo Pd possa fare a meno tanto di Bettini quanto di Veltroni. Tipicamente italiano: il cesarismo, nell'ora del rovescio, ha i suoi risvolti melodrammatici, con l'alternarsi della dissociazione, del tradimento e degli infiniti toni che compongono l'iride dell'anima di ogni voltagabbana. Non deve dunque stupire, in questo crepuscolo capitolino, che una parola di solidarietà giunga da quanti, come me, di Bettini e Veltroni sono sempre stati fierissimi avversari, senza tuttavia dimenticare l'insegnamento di Tomasi di Lampedusa, che agli sciacalli preferiva di gran lunga i gattopardi, pur sapendo che fatalmente i secondi succedono ai primi. Andrea Augello senatore Pdl

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