"Mi candido perché non voglio finire all'angolo"
Abbigliamento sportivo, maglione rosso intonato alla camicia, giubbottino di pelle scamosciata e una valigetta marrone. Così il magistrato più chiacchierato degli ultimi tempi, Luigi De Magistris, si è presentato nella sede de Il Tempo. Figlio e nipote di magistrati, «conservo a casa il decreto di nomina del mio bisnonno datata 1882», da giovane votava i partiti di sinistra, «ero affascinato da Enrico Berlinguer e dalla sua questione morale», e ora ha deciso di accogliere l'invito di Antonio Di Pietro di candidarsi alle Europee nelle liste dell'Idv. Determinato se parla di magistratura e politica, autoironico se punzecchiato sul blog creato dalle vittime delle sue inchieste: «Mia moglie è stata la prima ad iscriversi». De Magistris, ha fatto un grande salto. Dalla magistratura alla politica. Che cosa l'ha spinta a fare questa scelta? «Le ragioni fondamentali solo 4. La prima è la più amara. Quando ho preso atto che non mi si consentiva più di fare il mestiere che ho sempre sognato di fare ho capito che dovevo dare una scossa alla mia vita. Non ero più messo nelle condizioni di poter lavorare come volevo. Certo non ero relegato nello scantinato, sono giudice del riesame ma non era quella la mia passione». E le altre motivazioni? «Continuava un'attività di ingiuste iniziative disciplinari nei miei confronti per fatti inconsistenti. Non volevo restare nell'angolo nei prossimi anni. Ma questo è nulla. Il terzo motivo è il più importante. La sorte che è toccata ai magistrati di Salerno che stavano ricostruendo la verità sulla vicenda che mi ha visto inquisito. Loro per circa un anno hanno fatto un'attività invasiva e penetrante nei miei confronti alla quale io mi sono sottoposto e difeso. Alla fine tutto è finito in nulla. Hanno capito che era quasi impossibile trovare una verità rispetto a quello che è successo». Ma non ci ha parlato ancora di Di Pietro «Questo è il quarto punto. Tonino è l'unico che guarda al positivo. Era il 6 marzo quando Di Pietro mi chiese non solo di candidarmi alla Europee ma anche di contribuire alla realizzazione, assieme a tante personalità della società civile con culture e sensibilità diverse, di una nuova classe dirigente per l'Italia. Un aspetto che mi ha sinceramente colpito molto». Un impegno molto ambizioso. Ce la farete? «Questo progetto mira, nel breve e medio termine, a consolidare un'opposizione democratica in difesa della costituzione. Poi, un domani, l'ambizione, qualcuno la definisce utopia, sarà di governare il Paese facendo una politica alternativa non solo a questo governo ma anche al centrosinistra che su molti aspetti, come giustizia e informazione, non si differenzia dal centrodestra». Durante gli ultimi diciotto anni ci sono state ben cinque legislature, tre delle quali chiuse prima della scadenza naturale a causa di vicende legate a vicissitudini tra politica e giustizia. Crede che la giustizia sia uno strumento di lotta politica? «Non c'è dubbio di questo... ma non solo la magistratura ha stravolto la storia politica, anche le stragi di mafia ne hanno cambiato il corso. Non dimentichiamo che furono gli omicidi di Falcone e Borsellino a far cadere la prima repubblica. Io credo che la politica aiuti comunque la magistratura ad andare avanti. Al tempo stesso però spero che la politica non interferisca con la magistratura». Si schiera a favore o contro della separazione delle carriere? «Sono convinto che in una democrazia compiuta la separazione delle carriere non sia un tabù. Anzi dovrà essere un traguardo al quale bisogna arrivare. Ma dopo quello ci dovrà essere anche la discrezionalità dell'azione penale e l'indicazione sui reati da perseguire. Si ovvierebbe così al fatto che il magistrato dipenda dalla politica. Tra i motivi della sua discesa in politica con Di Pietro c'è la difesa della costituzione? «Io sono convinto che la costituzione non sia attuata in pieno e ora vi è un tentativo di forte vulnus nei confronti di alcuni principi costituzionali che sono baluardo di uno stato di diritto come ad esempio l'indipendenza e l'autonomia della magistratura e la libertà di informazione. Non c'è dubbio che su questi temi sia alcuni disegni di legge presentati dal centrosinistra sia dal governo di centrodestra vanno nella direzione di ridimensionarli. Io credo, e non lo dico con la cultura del sospetto tipica del pubblico ministero, che siccome la riforma della costituzione è difficile da attuare, si sta procedendo a svuotarla con una legge ordinaria». Ritiene sia in corso un attentato alla Costituzione? «So solo che nell'agenda politica del governo c'è una riforma che mi preoccupa moltissimo. Se passerà andrà a stravolgere il codice di procedura penale voluto da Giovanni Falcone. Il Pm non potrà più prendere autonomamente notizie di reato ma solo quelle che arrivano su input dalla polizia giudiziaria». E questo cosa comporterebbe? «Da quello che ho visto in anni e anni di lavoro ho capito che è difficile che arrivino segnalazioni di reato dalla polizia giudiziaria. Non mi è mai successo di sentire poliziotti dire: "Indagate su quello o quell'altro presidente della giunta regionale. Potrebbe essere corrotto". E non lo fanno, non perché non siano professionalmente preparati, ma perché loro, a differenza dei magistrati che sono tutelati dalla costituzione, dipendono dal potere esecutivo. Così rischiamo di snaturare il nostro lavoro. Certo è che il disegno di legge portato avanti dalla maggioranza piace, oltre che alla sinistra, anche a quella magistratura burocratizzata che dice: "Qua non mi arriva niente quindi non faccio niente"». E che timori ha sulla libertà di informazione? «Non posso dimenticare il disegno di legge Mastella che fu approvato quasi all'unanimità e ora sta per essere ripreso. Credo che sia giusto, come previsto dal disegno, limitare la pubblicazione di vicende private fermandosi al solo oggetto del reato. Ma reputo esagerato non consentire che fatti di cronaca oggettivi possano essere conosciuti dall'opinione pubblica non prima della fine del processo. La storia democratica mondiale insegna che un giornalista venuto a conoscenza di un fatto, anche se furbescamente, non lo può tacere. Noi, con la lentezza dei nostri processi, non avremmo saputo tante cose, come ad esempio il caso del governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio». Allora che cosa consiglierebbe? «Diamo la possibilità di indagare su tutti, dal rumeno al politico. Garantiamo un processo che dura tre anni così da azzerare la custodia cautelare che potrebbe essere limitata ai reati di grande allarme sociale». Ha mai avuto la sensazione che qualche suo collega sia stato manovrato o abbia subito pressioni da politici? «Non lo escludo. Ci saranno stati nel passato e ci saranno dei futuro dei rapporti patologici tra magistratura e politici. Se vedessi una cosa del genere la segnalerei alle attività competenti. E non è detto a quella giudiziaria penale. Magari opterei per quella disciplinare proprio per evitare strumentalizzazioni politiche». Non crede che un magistrato sulla cresta dell'onda avrebbe dovuto aspettare un po' prima di scendere in politica? «Il magistrato deve rispettare la legge che oggi mi consente di mettermi in aspettativa e di ritornare a svolgere il mio lavoro dopo il periodo dedicato alla politica. Comunque io indipendentemente dal risultato elettorale ho fatto una scelta definitiva, lascerò la magistratura. Non l'ho ancora fatto perché le dimissioni date ora mi sembrano un gesto sgradevole. Sarebbero state interpretate come disprezzo della toga». Ma quando si dimetterà? «Non mi faccio dire da altri quando le formalizzerò. Ma le darò.» Qualche giorno fa 20 mafiosi sono stati scarcerati perché un giudice non aveva il tempo di scrivere una motivazione. Le sembra possibile vedere ancora queste scene? «Le dirò di più. C'è anche il caso di un magistrato che aveva depositato una sentenza otto anni dopo. Io sono totalmente estraneo a questo modo di lavorare. Pensi che perfino il mio accusatore disciplinare in sede di Csm, Vito D'ambrosio, ex politico che veniva da dieci anni di presidenza della giunta delle Marche di centro sinistra, me ne diede atto: "De Magistris, un grande lavoratore"». Lei è quindi favorevole ai tornelli per i magistrati come vorrebbe il ministro Brunetta? «Io ne avrei guadagnato lavorando 14 ore al giorno, ma non credo che il nostro sia un lavoro a tempo. Molti giudici si scrivono le sentenze a casa». Altro tema molto discusso è il Csm. Crede stia svolgendo bene il suo compito? «Sono molto critico su quello che vedo. Da una parte mi auguro che la componente laica, nominata dal parlamento, mantenga la propria indipendenza. Dall'altra vedo uno scimmiottamento che le correnti della magistratura hanno fatto delle degenerazioni politiche. Quando vedo la spartizione delle poltrone da procuratore della Repubblica tra correnti capisco che ho fatto sempre bene a non aderire mai al corporativismo. Il Csm deve dare una risposta che miri alla chiarezza. Le maggiori interferenze che ho avuto sono venute proprio dall'interno della magistratura». Ha figli? «Si due». Preferirebbe che un domani diventassero magistrati o politici? «Le persone devono fare quello che sentono dentro. È quello che mio padre mi ha insegnato». Crede che aver contribuito alla caduta del governo Prodi le abbia aperto la strada per la politica? «Non si è mai visto che un ministro della Giustizia (Mastella, ndr), coinvolto in un procedimento, chieda il trasferimento del magistrato che lo sta indagando. Credo però che, nella mia vicenda, sia stato determinante l'aver indagato su magistrati. Ho dimostrato di essere autonomo dalle correnti». Ha detto di aver scelto l'Idv perché portatore di determinate garanzie. Come vede il fatto però che tra gli eletti del partito ci siano persone indagate per mafia o che si siano macchiate di abusivismo edilizio? «Di Pietro mi ha convinto nell'ultimo anno e mezzo, o meglio da quando è caduto il governo Prodi. Sta facendo un'opposizione molto chiara e precisa. Poi non dimentichiamo che io sono un candidato indipendente e chiedo discontinuità anche a livello amministrativo nella speranza che si candidino persone non chiacchierone ma desiderose di lavorare». Se dovesse essere eletto al parlamento Europeo quale sarà la prima proposta che farà? «Aprire un osservatorio per capire come viene gestito il finanziamento pubblico in Italia. In questi anni avremmo potuto rendere Puglia, Calabria, Sicilia e Basilicata delle piccole Svizzera. Solo che i soldi stanziati sono stati o spesi male o bloccati perché non utilizzati in tempo o addirittura sono finiti nelle tasche della criminalità organizzata». Ricostruzione in Abruzzo. Non le sembra che sia prematuro lanciare accuse sull'utilizzo dei fondi dato che ad ora che non è stato ancora stanziato un solo euro? «A lei sembra normale che un terremoto del 5.9 sulla scala Richter faccia 300 morti? In Giappone e California non sarebbe successo nulla. In questo momento la priorità è capire due cose. La prima se ci sono state falle nella prevenzione, poi perché opere pubbliche come un ospedale, le scuole e il palazzo di giustizia si siano sgretolate. Dobbiamo evitare che la criminalità organizzata metta mano fino a riproporre il sacco edilizio nelle opere pubbliche». Che effetto le hanno fatto le vignette di Vauro ad Annozero? «Per me è assolutamente sbagliato e inquietante sospendere una persona che fa satira. Non è da paese democratico». Ma le sono piaciute? «Non è quello il tema. A me piace il pluralismo dell'informazione. Ho visto delle puntate di Porta a Porta per le quali altro che sospensione». Quali? «Eh, diverse. Mi sembra un po' unilaterale questa crociata. Ho tanto rispetto per i soccorritori ma al tempo stesso denuncio chi ha responsabilità sulla morte di trecento morti. Se poi vogliamo parlare di cose sgradevoli sto vedendo passerelle di politici che sono andati là solo per farsi vedere». Lei è stato uno di quelli che ha difeso Vauro, ma perché, secondo lei, è stato sanzionato lui e non Santoro? «Lo dovrebbe chiedere a Masi. Non lo so. Io personalmente sono addirittura contrario al reato di opinione. Da magistrato ho chiesto molte volte l'assoluzione riguardo a casi che implicassero tale reato. E non ho mai querelato nessuno. Il pluralismo è lo scheletro della democrazia. La censura su Annozero non mi è piaciuta». Lei e Di Pietro siete proprio agli antipodi. Lui dicono si sia arricchito grazie alle querele. «Non ci siamo mica sposati io e Di Pietro. Ho accettato il suo invito perché mi ha convinto del suo progetto. Poi lo conosco solo dal 6 marzo e non mi piace stare qui a fare il gioco delle similitudini. Le diversità ci saranno di sicuro e si vedranno con il tempo».