Il nodo referendum
Loscontro sulla data del referendum sulla legge elettorale sta tenendo con il fiato sospeso la politica italiana. Una battaglia che si sta combattendo a 360 gradi e che mina soprattutto i rapporti all'interno della coalizione di centrodestra. E, come spesso accade, gli occhi sono tutti puntati all'incontro, annunciato imminente, tra Silvio Berlusconi e il leader del Carroccio Umberto Bossi alla ricerca di una rapida soluzione del problema. Un chiarimento che dovrebbe comunque avvenire dopo un pranzo, già ipotizzato per oggi, con il ministro delle Semplificazione, Roberto Calderoli, che proprio ieri aveva espresso il suo dissenso e quello di tutta la Lega riguardo l'ipotesi di accorpare con il voto per le Europee e con il primo turno delle Amministrative, il quesito referendario. «Manteniamo la nostra assoluta contrarietà alla coincidenza della data del referendum con le Europee, perché riteniamo sia una truffa incostituzionale, messa in atto dai promotori di questo inutile e pericoloso referendum solo per uscire dall'ombra e dall'anonimato» ha tuonato il ministro Calderoli lasciando i lavori della segreteria federale convocata da Umberto Bossi a Milano. E tutto il Carroccio lo segue. La linea è quella di non voler capitolare anche in questo caso. Troppo fresco il ricordo dello sgambetto perpetrato da alcuni franchi tiratori del Pdl sul decreto sicurezza e il clima all'interno della maggioranza non sembra essere affatto rasserenato. «Il Pdl fa la sua partita. Certo è che pur di far fuori la Lega si inventano mille scuse - commenta il deputato del Carroccio, Maurizio Fugatti - la legge che potrebbe nascere dal referendum è peggio della "legge truffa" del 1953 perché escluderebbe noi, che siamo uno dei partiti più influenti nelle regioni più produttive d'Italia, dall'attuare una politica influente per il Nord anche all'interno del Parlamento». Ora la partita è tutta nelle mani del presidente del consiglio Berlusconi e il terremoto in Abruzzo non gli renderà il compito più facile. Da un lato infatti i referendari Mario Segni e Giovanni Guzzetta ribadiscono che se non si accorpa la consultazione referendaria alle elezioni si «butterebbero all'aria 460 milioni di euro» che invece si potrebbero destinare alla ricostruzione dell'Abruzzo, dall'altra deve fare i conti con la Lega che con Calderoli definisce «sciacallo chi specula sui morti, sugli sfollati e sulla tragedia dell'Abruzzo per ottenere l'accorpamento di un referendum abrogativo con un'elezione a suffragio universale diretto». Così tra i due contendenti, l'ipotesi che sembra essere la più accreditata e meno onerosa possibile la propone proprio la Lega. Un mini-accorpamento del referendum Guzzetta-Segni con il secondo turno delle amministrative previsto per il 21 giugno. Idea che trova l'appoggio del Pdl con il capogruppo al Senato, Maurizio Gasparri. Ma all'interno della Lega c'è anche chi dà una lettura diversa di quanto è accaduto ieri. «Le dichiarazioni di Calderoli sull'incostituzionalità dell'accorpamento sono tutte finalizzate a fare in modo che Bossi arrivi all'appuntamento con Berlusconi forte di una decisione di partito - analizza un senatore veneto della Lega - Poi però, di fronte al forte impatto sull'opinione pubblica derivante dal risparmio di più di 400 milioni di euro, si potrebbe accettare la proposta di votare il tutto il 6-7 giugno. Una cosa che in fondo non ci preoccupa più di tanto. Noi chiederemo ai nostri di non accettare la scheda per il referendum, che non raggiungendo il quorum, fallirà». Dall'opposizione la critica al Carroccio è ancora più pungente. Dario Franceschini, segretario del Pd, sta sostenendo la linea dell'accorpamento che garantirebbe un grande risparmio di denaro: «Non ha proprio senso far pagare agli italiani una specie di Bossi-tax». Una mossa politica che mira ad imputare al leader della Lega l'eventuale responsabilità di aver rifiutato l'accorpamento. L'altro invece che, come la Lega non trarrebbe benefici dall'eventuale voto positivo al referendum è, Pier Ferdinando Casini, leader dell'Udc: «Mi sembra che ci sia già stato un voto in Parlamento che ha respinto l'ipotesi di accorpamento. Comunque, è una decisione del governo e spetta a loro prenderla».