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Ora l'emergenza è il freddo

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La vita nelle tendopoli dopo il terremoto in Abruzzo

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{{IMG_SX}}  Sul suo volto si legge la stanchezza. Ma Pietro Grossi, caporeparto della Zecca che a Roma sovraintende alla fabbricazione delle monete («faccio gli spicci», sintetizza lui) e a Paganica presta invece la sua opera come volontario delle Misericordie, non si arrende. Anche se fa freddo, se la gente continua ad aver paura. Ieri 11 nuove scosse. Forte quella della 23,14, 4,9 scala Richter, più a nord delle precedenti (tra Pizzoli e Barrete) e avvertita anche a Roma, oltre che in Umbria e Marche. Grossi dorme da una settimana sulla lettiga di un'ambulanza. «Perché russo», aggiunge, come se dovesse scusarsi. Qui, come in altre tendopoli, l'ultima notte è stata gelida, è piovuto. La protezione civile ha accelerato i tempi per la spedizione di altre stufe e coperte. I volontari, però, non aspettano. Continuano a darsi da fare come se fosse il primo giorno. «Da lunedì scorso abbiamo assistito 592 persone - racconta Grossi - Il dieci per cento sono bambini. Nella tendopoli abbiamo un Presidio medico avanzato generico, uno pediatrico, uno cardiologico e forniamo anche cibo per celiaci. I primi giorni abbiamo avuto qualche problema di energia elettrica. Adesso è tutto a posto, ma resta la questione della burocrazia. Spesso per capire chi deve intervenire bisogna sprecare tempo e telefonate e coordinarsi con il centro operativo misto o con il 118». Qualche problema, secondo Luca Calcagnile, farmacista volontario venuto dalla provincia di Cuneo con un «camper-farmacia» («Il primo in Italia», sottolinea), lo ha causato l'invio massiccio ma disordinato e non controllato di medicinali: «Tanti, specie quelli offerti da privati, erano scaduti o non tenuti in frigo quando era necessario - osserva - Spesso non si può risalire allo stato di conservazione dei prodotti, che sono arrivati in grande quantità». Ecco, se si può fare una critica alla macchina dei soccorsi, che peraltro ha funzionato bene in quest'emergenza abruzzese, è la sua caratteristica sovrabbondante e un po' caotica. Ma i volontari sono abituati più alle carenze che alle eccedenze. E vanno avanti. Anche quelli, come i clown che, al posto di bende e forbici, usano nasi di plastica e bolle di sapone. «Sono il dottor Birimbao e faccio parte dell'ambulatorio delle coccole di Brindisi - racconta Angelo Cofano, 33 anni, studente di psicologia e terapeuta shatzu - Il nostro obiettivo è far "staccare" gli sfollati dal trauma passato e fargli superare il disagio presente. Cerchiamo di stimolarli, di coinvolgerli, piccoli e grandi. Anche se ci siamo accorti che gli adulti sono quelli che hanno più bisogno di assistenza e conforto: loro non hanno nessuno a cui appoggiarsi». Stesso discorso lo fa Enzo Maddaloni, alias dottor Nanosecondo, che lavora all'ospedale di Salerno: «Non siamo i forzati della risata e non abbiamo la presunzione di eliminare la sofferenza - avverte - Molte volte accogliamo il dolore di questa gente e diamo loro un breve sollievo, niente di più. Io uso il trasformatore transensoriale di emozioni per farle diventare da negative a positive - conclude mostrando una ventosa da wc - Alle bolle di sapone affidiamo i pensieri cattivi, così il vento se li porta via. A queste persone manca tutto, ma specialmente le cose più semplici, come la casa, gli oggetti perduti, la terra. Il cruccio principale di un contadino novantenne, ad esempio, era di non poter piantare le patate ora che è la stagione. Sembra che siamo noi a dare molto, ma invece riceviamo molto più di quello che diamo».

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