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Il Cavaliere ha superato un sistema incapace di parlare alla gente

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DopoBerlusconi sarà difficile per chiunque stabilire un rapporto men che diretto tra primo ministro e popolo. E l'innovazione berlusconiana, destinata a rivoluzionare le categorie della politica e ad incidere sulla stessa Costituzione materiale, è di quelle che lasceranno il segno. Berlusconi è sceso in campo ed ha vinto scommettendo sulla sua credibilità ed è riuscito ad intercettare il sentimento popolare, mentre una sinistra antistorica si faceva beffe di lui ed oggi lo riconosce, come ha fatto con la consueta onestà intellettuale Luciano Violante. Ha governato come ha potuto ed ha perso quando non doveva, stretto sempre tra le maglie di regole polverose inadeguate a velocizzare decisioni e provvedimenti urgenti ai fini della modernizzazione della società. Si è messo a capo di un rinnovamento che in modestissima misura è riuscito a portare a compimento a causa di un sistema di alleanze che ha frequentemente compromesso la sua azione di governo. Sembrava finito nel 2006, ma è risorto dalle ceneri grazie alla sua tenacia oltre che alla debolezza degli avversari. Ed ha vinto, utilizzando la vittoria per varare un vasto piano di modernizzazione civile e sociale la cui prima prova l'ha offerta ripulendo la Campania dall'immondizia e strappando l'impresentabile cartolina di un Mezzogiorno provincia del Terzo Mondo. Ha agito pressoché da solo laddove tutti gli altri avevano fallito coalizzandosi per non fare, ma soltanto per litigare. Ha messo d'accordo il diavolo e l'acqua santa, insomma; gli avversari di sempre si sono di fatto ritrovati, forse inconsapevolmente, dalla sua parte. Ed ha vinto la sfida che sembrava impossibile contro l'immondizia, l'inerzia, la pigrizia mentale, le cosche camorristiche. L'accensione del termovalorizzatore di Acerra ha suggellato, qualche settimana fa, la sua filosofia del decisionismo. Adesso, tra le rovine materiali e morali d'Abruzzo, personalmente, con un'energia davvero insospettabile, Berlusconi conduce le operazioni per superare la prima emergenza e porre le basi per la rapida ricostruzione. E, per di più, fa sapere che la propaganda deve essere bandita dalla gestione di una simile catastrofe. I ministri ne stiano lontano ed intervengano soltanto quando ce n'è bisogno, ha disposto. Insomma, meno si fanno vedere e meglio è. Anche in questo Berlusconi intende la sua solitudine non come un orgoglioso atteggiamento di sfida, ma come una necessaria precauzione affinché non si replichino le sciagure derivanti dalla ricostruzione: Irpinia docet. Sarà anche un uomo solo al comando, ma in queste occasioni l'affollamento sarebbe davvero inaccettabile. Dai rifiuti di Napoli alle macerie dell'Aquila: Berlusconi testimonia il superamento di un sistema politico prigioniero della «clasa descutidora», come Donoso Cortès definiva i protagonisti di un parlamentarismo estenuante, incapace di parlare alla gente, dedito all'autoreferenzialità. Il «presidenzialismo» ed il «presenzialismo» di Berlusconi sono l'antitesi ad una democrazia bloccata e mostrano gli effetti di una democrazia decidente, bilanciata da regole e poteri di controllo naturalmente, la quale non può esaurirsi comunque nell'eccezionalità degli eventi, ma deve diventare pratica costante e perciò codificata in una nuova Costituzione. Esigenza alla quale non si può sfuggire. E non perché lo dice Berlusconi, ma per il solo fatto che la modernità ha esigenze che, per quanto le nomenklature fingano di non vederle, non possono essere soddisfatte con le ritualità bizantine alle quali siamo purtroppo assuefatti. Piaccia o meno, a Berlusconi va riconosciuto il merito di aver compreso prima di altri i limiti di una democrazia ingessata e di essersi comportato di conseguenza. Come un leader post-moderno, appunto. Gennaro Malgieri

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