Piango per l'egoismo e la stupidità
Ognivolta ci stupiamo di aver guardato e non visto, stoltamente bloccati dal tran-tran dei tanti banali cigni bianchi, sino al punto di dimenticare che, prima o poi, arriva il Cigno Nero, l'accadimento catastrofico, proprio perché da noi imprevisto. Soltanto quando le pupille s'inumidiscono davanti alle macerie e alle vittime dei terremoti e delle altre sciagure, riscopriamo la vanità e la precarietà del vivere. Allora, doniamo lacrime ai fratelli carpiti dalla malasorte; piangendoli, piangiamo noi stessi, perché la lente che ci disvela il mondo è, in ogni caso, il nostro ego. La sofferenza psicologica e la scossa luttuosa hanno il potere non di sollevarci verso il Demiurgo, riuscendo invece e saldamente a riportarci sulla Terra, con i piedi per terra. Così, finalmente avvertiamo la paranoia di certe costumanze, come quella di fingere di poter essere altro da noi e di raggirare la Natura. La nostra alienazione si sostanzia, infatti, di continue fughe dalla realtà: la vecchiaia, ad esempio, quasi fosse un reato efferato, viene esposta al pubblico ludibrio e, per così dire, abrogata, in nome dell'eterna gioventù, a colpi di silicone e toppe chirurgiche. La tendenza sin dagli ominidi è di chiudere gli occhi davanti alla morte, eludendone finanche l'idea. Tanto tempo fa, quando si moriva di più e di tutto, anche per la zampata di un mulo, s'usava condurre i bambini a vedere i defunti ancora caldi, prima che scomparissero alla vista, ricoperti di legno e di terra. L'impatto con la concretezza della morte faceva parte delle prime istruzioni per l'uso della vita, benché ci fosse sempre qualcuno interessato allo sfruttamento del lutto, per evocare il peccato come causa di potature demografiche. Il terrore della nemesi divina era pura antipedagogia, mentre la vera lezione educativa era che il ragazzino potesse innalzarsi dalla paura alla coscienza della morte. Il piacere è conforme alla natura dell'uomo, mentre il dolore le è estraneo? Cos'è il dolore? Forse è soltanto un meteorite, corpo estraneo ed ostile, che cade su di noi, ferendoci. Epicuro proponeva due farmaci: atarassia ed aponia, come dire pace interiore e assenza di dolore, ma la terapia non ha mai funzionato, stante l'assenza sul mercato di tali medicine. In questi giorni, abbiamo registrato, insieme al pathos e alla sincera empatia con lo straordinario popolo abruzzese, quanto la stupidità possa dimostrarsi più forte della commozione. Personalmente, ho patito per gli aquilani e anche per certi giornalisti televisivi con i loro quesiti a gamba tesa, come se stessero al "Grande Fratello" e a "Uomini e Donne". La carta stampata, in compenso, s'è dimostrata capace di sensibilità, raccontando seriamente il lutto e la sua elaborazione.