dall'inviato L'AQUILA La stanza dei ricordi.

Unpiccolo locale angusto ingombro di sacchi neri polverosi pieni di oggetti, foto, documenti e tanto altro che ognuno di noi solitamente possiede e tiene gelosamente tra le cose più care. I carabinieri della Stazione del Comando provinciale de L'Aquila hanno il triste compito di raccogliere e inventariare tutto il materiale ritrovato tra le rovine di palazzi e case. Oggetti che rivelano storie intime, ricordi di viaggi. Momenti felici spazzati via da venti secondi di terremoto. Un drammatico archivio di oggetti gettati alla rinfusa ai quali ora i militari stanno cercando di dare un proprietario. L'elenco riempie pagine e pagine e ancora non è completo. Il materiale continua ad arrivare in caserma e la piccola stanza fatica a contenere i sacchi. Computer portatili devastati dalle pietre: «Purtroppo non si accendono - spiega un carabiniere - ed è quindi impossibile risalire ai proprietari. Più avanti potremo affidarli agli specialisti per riuscire a leggere l'hard disk». Trolley stipati di abiti forse di qualche studente che l'indomani avrebbe lasciato la città per le vacanze pasquali. E ancora fotografie. Tante, di ogni tipo. Ricordi di momenti magici. L'album di un matrimonio celebrato il 2 giugno 1975 con gli sposi sorridenti e felici tra i parenti ed emozionati in chiesa durante il rito. «Chissà chi sono - bisbiglia un militare - non c'è il nome neppure sulla torta». «Esposito Valeria di Lanciano», dice diretto un maresciallo che si affaccia sulla porta con un telefonino in mano. «Cerchiamo di trovarla perché è sopravvissuta almeno così sembra dall'ultimo messaggino registrato: "Sono contenta che ce l'hai fatta"». «Stiamo recuperando le sim dei cellulari», spiegano i carabinieri de L'Aquila. Ne sono stati trovati abbandonati o persi a centinaia. Così come fotocamere digitali di cui pian piano saranno visionate le foto registrate sulle carte di memoria. Molte le fotografie: a colori e in bianco nero. Quest'ultime molto vecchie vista la stampa con bordino bianco che i fotografi usavano negli anni '60. Immagini di paesaggi, persone in posa o sorprese in momenti di relax. Ma non si sa chi siano. Per alcuni si è riusciti a risalire a un nome. Così come sarà difficile trovare a chi appartenessero i soldi rinvenuti in diverse case diroccate. «In tutto, finora - spiegano - abbiamo inventariato circa diecimila euro e tanta valuta straniera. Persino cinese». E ancora orologi, collane, catenine. Anche oggetti di grande valore che i carabinieri hanno provveduto a depositare in cassaforte. Così come i fucili da caccia. Piccoli tesoretti frutto di una maniacale collezione: una scatola intarsiata contiene infatti migliaia di monete da cinque e dieci lire. Orologi da bambino, da donna, in acciaio o d'oro. Design moderni e antichi dimostrano che i proprietari sono giovani oppure anziani. Solo questo è l'indizio. Al resto pensano i militari con un lavoro certosino. «Abbiamo l'elenco aggiornato delle vittime - spiega un ufficiale - quello ci permette di fare una prima cernita. Infatti in molti casi ci sono riferimenti a nomi che ci permettono di risalire, anche rispetto al luogo del ritrovamento, a chi appartenga l'oggetto». In alcune borse ci sono documenti di identità e allora il lavoro è facilitato. Poi ci sono i diari, i quaderni di appunti. Un biglietto di aereo con nome e cognome permette di indirizzare il riferimento. Il materiale già classificato viene infilato in buste bianche con sopra il nominativo. Da una parte gli oggetti dei vivi, dall'altra quella dei morti. Le indagini, perché di tali si tratta, per dare un nome ai proprietari, impongono un'attenta lettura di bigliettini scritti, come gli appunti sui segni zodiacali vergati su due fogli a quadretti scritti con grafia stampatello. Frasi scritte dietro una fotografia a commento del momento bloccato dallo scatto della macchina fotografica. I carabinieri continuano il loro inventario. L'obiettivo è ridare ricordi a una città smarrita. Mau. Pic.