Gara di solidarietà tra divi e star
Giuseppe Proietti, il segretario del ministero per i Beni Culturali, diceva l'altroieri a Il Tempo: «Entrare in un monumento, in una chiesa sventrata dal terremoto ci sgomenta, ovvio. È successo in Irpinia, in Umbria. Ma subentra immediatamente la smania di fare, di risanare». La vita deve ricominciare anche per le antiche pietre, per rosoni e lesene, per colonne e altari, per tavole dipinte e affreschi, per codici e documenti. Ad Assisi, dopo il sisma del '97, si definì irreparabile il danno al ciclo di Giotto. Adesso, sì, gli affreschi hanno lacune, ma il messaggio dell'opera d'arte è ripartito, e chissà quante sindromi di Stendhal continua a suscitare. Ecco allora che anche per l'Aquila parte la macchina del ripristino. Ancora non si può entrare nelle chiese sventrate, l'entità dei danni si potrà precisare tra una settimana. Ma lo Stato prepara i soldi per gli interventi e chiede aiuto e solidarietà per il Bel Paese. Il ministro Bondi mette a disposizione dieci milioni, in aggiunta al fondo della Protezione Civile. Sa che bastano appena agli interventi d'urgenza, per mettere in sicurezza strutture pericolanti. E poi? «E poi ci aiutino i bei nomi della musica, dello spettacolo. Devolvano un po' dei loro incassi per restaurare un'opera d'arte», chiede il Collegio Romano. Da Oltretevere risponde Francesco Buranelli, che per anni è stato direttore dei Musei Vaticani, che ha vissuto la grande avventura del restauro della Cappella Sistina e che ora, «ministro» dei Beni culturali della Chiesa, lancia un appello. «Iniziamo a raccogliere e restaurare le opere mobili danneggiate - dice - Suppellettili d'altare, argenti, tessuti. Bastano calcinacci che cadono su una tela e provocano uno strappo per rendere necessario un intervento. Ciascuno può mettere in atto un'opera di solidarietà». Adotta un po' del patrimonio artistico italiano, propone insomma Buranelli. E la risposta è stata immediata. Vuole esserci Antonio Paolucci, ora al vertice dei Musei Vaticani. Hanno detto sì i maggiori laboratori pubblici di restauro, «nominati» in realtà da Buranelli. Ok da Sandrina Bandera, della Pinacoteca di Brera. Che aggiunge: «Il nostro ministero si è sempre dimostrato forte di fronte a queste calamità e il restauro di Assisi è l'esempio lampante». Ok da Cristina Acidini, soprintendente del Polo museale fiorentino: «I laboratori italiani, a partire da quello delle Pietre Dure, sono in grado di fornire aiuto, come in altre tragiche circostanze, a partire dall'alluvione dell'Arno nel 1966». «Lo Stato farà la sua parte attraverso l'Istituto Centrale di Restauro di Roma», ha condiviso il sottosegretario Francesco Giro. Una consolazione, una grinta, la consapevolezza delle capacità di una scuola di restauro che ci vede primi nel mondo. Serve di fronte allo sfacelo. I danni sono totali. «Il cento per cento del patrimonio artistico dell'Aquila e della zona del cratere è lesionato. Non si è salvato praticamente nulla nella città delle 99 cannelle e delle 55 chiese», quantifica Augusto Ciciotti, del Dipartimento Beni Culturali d'Abruzzo. Ma anche nella provincia, e fino al pescarese, nei luoghi non raggiunti subito dai tecnici, si trovano brutte sorprese. Della torre medicea di Santo Stefano di Sessanio riferisce qui sotto Natalia Poggi. Ma poi è crollato il bel castello-rocca di Ocre, lesioni mostra la chiesa romanica sul tratturo - la via dei pastori - di Santo Stefano a San Pio delle Camere, il paese di Franco Marini. Inagibili conventi e chiese in Val Peligna e nel pescarese, sbriciolati i campanili a Rovere, sull'altopiano delle Rocche. Si dispera don Spinelli, il rettore della basilica di Santa Maria di Collemaggio, il simbolo dell'Aquila. «Si celebra qui il Giubileo di Celestino, ogni anno. E qui tutti vogliono sposarsi. Collemaggio è il luogo della memoria collettiva della gente aquilana».