I sopravvissuti: "E' stata la paura a salvarci"

Per tutti gli altri è stata solo una questione di solidità, quella del cemento armato che non ha mollato per 20 infiniti secondi. Il resto s'è fatto carta e polvere. 20 secondi. Tanto c'è voluto per uscire dall'inferno. Svegliarsi con la casa che trema, i mobili che schizzano da una parte all'altra della stanza. Le stoviglie che vanno in frantumi, i vetri che si disintegrano. Un attimo ancora per prendere un accappatoio, una vestaglia, e poi via di corsa, lungo i corridoi, giù per le scale zigzagando sotto una pioggia di calcinacci e di controsoffitti che si sbriciolano. Molti non hanno avuto nemmeno il tempo di realizzare. Sono morti in quall'istante che separa il sonno dal risveglio, schiacciati dai vecchi soffitti di legno, dai muri di mattoni e pietre che si sono ripiegati su sé stessi. Chi ha sentito la terra ballare sotto le gomme dell'auto ha ringraziato il Cielo. Ci avrebbero scommesso. In casa, a dormire, non ci sarebbero andati neanche... Gli abitanti di Poggio di Roio, Roio Piano e Colle di Roio, piccole frazioni de L'Aquila, alle prime luci dell'alba avevano già acceso fuochi per scaldarsi. Con 3 gradi centigradi le coperte rimediate qua e la non bastavano. Chi aveva ancora una casa, o qualcosa che somigliasse a una casa, nonostante la terra tremasse ancora, si è fatto coraggio ed è rientrato per prendere l'indispensabile. I vecchi borghi sono stati rasi al suolo. Gli abitanti di Onna, a un pugno di chilometri da Paganica, non hanno avuto questa possibilità. Il terremoto s'è portato via tutto. A Onna ieri mattina non si piangeva solo per una cosa che non c'era più. Si piangeva per le vittime, troppe, per un centro così piccolo. Troppo pochi i mezzi a disposizione, poche le braccia per scavare. E allora i sopravvissuti si sono dati da fare. Sono arrivati perfino i lavoratori di un cementificio con tanto di elmetto giallo. A Poggio di Roio, sede della facoltà di Ingegneria e di Economia dell'Università de L'Aquila, gli studenti a convitto dalle suore nella casa soggiorno Santa Maria della Croce sono usciti illesi. «Correvamo tra i calcinacci - racconta Gianluca che sentiva ancora il terremoto nelle scarpe - Correvamo a perdifiato». «Abbiamo fatto le scale a tre a tre», gli fa eco Franco. «Ho capito subito che si trattava del terremoto» spiega Matteo, che insieme ad altri compagni, a metà mattinata, era già in partenza per tornare a casa dai genitori. Ma solo dopo aver recuperato libri, zaini e telefonini sotto gli sguardi vigili delle suore. «La struttura ha retto bene - dicono Domenico e Leonardo - ma siamo preoccupati per i ragazzi che vivono nelle case del borgo vecchio». Sanno che due ragazzi sono stati portati in ospedale, che una persona è morta e che si sta ancora scavando. Suor Pia, intanto, esce dal convitto con una scatola di biscotti e li distribuisce. Insieme ai dolci distribuisce parole di conforto ai ragazzi e agli sfollati che si sono radunati davanti al convitto. Bar, negozi, farmacie. Tutto chiuso. Per gli abitanti di Roio le suore sono una manna. «Se non fosse per loro... - sospira la signora Ermira tenendo il figlio piccolo in braccio - Non si trova nemmeno una bottiglia d'acqua. Avrei bisogno di medicine per il bambino. Ha la febbre. Le ho chieste a un'unità mobile della croce rossa e mi hanno risposto: mica siamo una farmacia!». Ermira racconta di come suo marito si sia salvato per un pelo: «È riuscito a rifugiarsi in un angoletto della casa mentre il soffitto veniva giù». Lei, insieme ai figli, ha dormito in macchina. Lo hanno fatto in molti. Il proprietario del bar La pineta, la mamma e la fidanzata, sono convinti che l'amministrazione locale potesse fare di più: «Dovevano fare di più. Le scosse vanno avanti da gennaio. Si erano fermate solo per due giorni e ieri (domenica sera, ndr) sono riprese». «Me lo sentivo», dice Anna. «Alcuni studiosi, basandosi sull'analisi del gas radon - spiega Antonella - avevano previsto una scossa più potente». Anche il gruppetto di studenti di Ingegneria ne è convinto: «La settimana scorsa ci hanno fatto fare lezione in aula nonostante le scosse ripetute». «Dovevano evacuare», dicono tutti. La rabbia è tanta. Davanti a casa di Giulio, a Roio Piano, sono morti due anziani. Casa sua ha retto ma «dentro è tutta crepata. I muri sono scoppiati. Qui demoliranno tutto». E non è il solo ad essersi già rassegnato all'idea. La maggior parte delle abitazioni sono inagibili. Come quelle dei tremila sfollati di Paganica, epicentro del sisma, dove suor Rosamaria e suor Chiara Francesca hanno pregato tutta la mattina per la vita della madre Badessa sepolta in un'ala del monastero di Santa Chiara. Più a valle, nel campo di rugby, gli abitanti di Paganica si sono radunati per ricevere un po' d'assistenza. I bambini, almeno loro, hanno sgranato gli occhi contenti quando è arrivata la pasta preparata dalla Protezione civile. Per i più piccoli il terremoto si è trasformato in un pic nic al sole. Alla fine, però, anche il tempo s'è guastato. Con la notte è arrivato il gelo. E la rabbia ha prevalso sulla disperazione.