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Sulla linea blu, il confine virtuale tra Libano e Israele

Bandiera dell'Onu sulla Blue line tra Libano e Israele

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{{IMG_SX}}Base 1-31, avamposto della pace. Qui a tre metri dalla postazione israeliana i Lancieri di Novara sorvegliano la blu line. Confine armistiziale tra Libano e Israele tracciato lungo trenta chilometri sulla base del ritiro israeliano. Bidoni dipinti di blu con la sigla «Un» che sta per Nazioni Unite, spuntano dal terreno. Tra questa linea immaginaria e la «techinical fence» di Israele corrono a volte pochi metri, altre qualche centinaio. Questo corridoio è la «No man's land», la terra di nessuno. Qui si gioca la scommessa della pace. Qui i nostri soldati si guardano negli occhi con i militari israeliani. Questi proteggono la loro terra. I nostri difendano la pace di tutti. La «1-31» è arroccata su una collina, come un antico forte crociato, a pochi chilometri da Alma Achaab, villaggio cristiano in una regione dove gli Hezbollah sciiti controllano tutto. I Lancieri di Novara della Brigata Pozzuolo del Friuli, da qui perlustrano un tratto di dodici chilometri di blu line del Sector West di Unifil. Giorno e notte. Vivono negli shelter circondati da un muro di cemento. La base prima del 2006 era occupata dai caschi blu del Ghana che sono stati travolti dall'avanzata della Tzhal, l'esercito israeliano. Gli italiani l'hanno riaperta e riorganizzata anche se in maniera spartana. «Ma non ci facciamo mancare un minimo di comfort», spiega il capitano dei Lancieri di Novara che in questo turno è al comando. C'è infatti la tv collegata al satellite per vedere i programmi italiani, un tavolo da ping-pong. «Soprattuto abbiamo la cucina - interviene un maresciallo - e quando dalla base di Al Mansouri i pasti non arrivano per qualche motivo ci cuciniamo un bel piatto di spaghetti». Gli squadroni che si alternano alla base hanno rifornito anche una discreta cantina ricca di vini. Italiani ovviamente, e anche di un certo pregio. Uno squadrone motivato e affiatato occupa la ridotta 1-31. Due cani adottati gironzolano per la base, tra i carri Puma e i Vm. «Uno si era rotto una gamba e abbiamo chiesto l'intervento del nostro veterinario per curarlo - racconta il maresciallo - Debbo dire che è stata un'impresa perchè preferiva saltellare piuttosto che farsi ingessare. Alla fine, però, ha ceduto». Battute, qualche sigaretta, fumata doverosamente all'aperto, e poi turno di osservazione a vista con la garrita israeliana che dista appena pochi metri. I carri Puma escono rombando dal «forte». Nell'equipaggio c'è anche una donna soldato. Infagottata come i suoi colleghi con giubbetto e casco, ha il binocolo puntato oltre la blu line. È addetta alla mitragliera del Puma, è lei che, in caso di emergenza, dovrà dare copertura a tutta la squadra. I «blu pillar» spuntano dal verde macchiettato di fiori gialli che rigogliosi colorano le colline. Ogni tanto ecco un cartello rosso «Danger. Mines», i campi qui intorno sono pieni di cluster bombs inesplose e tra i compiti di Unifil c'è anche quello di sminare le aree. Il generale Graziano comandante in campo di Unifil ha ottenuto per ora la promessa, da parte degli israeliani, di avere la mappa di tutte le zone clusterizzate. La pattuglia continua il suo lavoro. I blu pillar, che nel 2006 erano appena 38, ora sono 198: un susseguirsi di segnali che tracciano una barriera immaginaria tra i contendenti. Oltre la blu line, oltre la linea di difesa elettronica israeliana, si vedono le case di Aram Sha in territorio israeliano. Poche centinaia di metri superato il confine. A un tiro di razzo. «Da quando pattugliamo la zona - spiega il capopattuglia - non ci sono state violazioni in quest'area. A volte le pecore di un gregge oltrepassano la linea blu e scatta l'allarme dall'altra parte». Dall'«altra parte», gli israeliani controllano la blu line con telecamere e sensori della loro «technical fence». A volte devono provvedere a lavori di riparazione e allora avvisano. «Chiamano il comando Unifil di Naqura e danno le coordinate del punto di attraversamento - racconta un ufficiale dei Lancieri di Novara - Noi, a quel punto, ci posizioniamo per evitare provocazioni che possano scatenare atti ostili». Proprio l'attacco da parte di miliziani Hezbollah a una pattuglia sulla technical fence ha scatenato la guerra dell'agosto 2006. Gli italiani procedono nel loro controllo. Vanno su e giù lungo la strada che costeggia il confine. Ogni tanto creano posti di blocco in corrispondenza di alcuni incroci. «In quest'area ci sono molti campi coltivati e c'è passaggio di contadini - spiega il capitano dei Lancieri - il nostro compito è solo di evitare sconfinamenti, al resto pensano le Laf, le forze armate libanesi». E per ora ci pensano bene: nell'ultima settimana sono stati 41 gli arrestati nel territorio di Al Janoub, Sud del Libano in arabo, sorpresi con armi e munizioni dall'esercito del Libano. Alla base 1-31 le giornate si susseguono molto impegnative. C'è da controllare la blu line, verificare le attrezzature radio, e soprattutto che la struttura sia sempre in ordine. Con un pizzico di umorismo, gli avvisi per non sprecare acqua e un decoroso uso dei bagni sono affidati alla «Direzione del Villaggio» come se fosse un ameno resort sulle colline libanesi che si affaccia sul Mediterraneo. Dal Sud al Nord della zona di competenze Unifil. Ai militari italiani, infatti, spetta il controllo anche del fiume Litani, che segna il lato nord di questo quadrilatero libanese di 25 per 30 chilometri quadrati chiamato Sector west, per trent'anni martoriato da ripetuti conflitti. Il Litani è poco più di un torrente. Ma d'inverno e in primavera, quando le nevi si sciolgono, diventa un fiume impetuoso. Il Litani ha delimitato per decenni la regione governata da Hezbollah e dall'altra milizia sciita, Amal. Gli Hezbollah più volte hanno deviato l'acqua per evitare che rifornisse gli affluenti che scendono verso Israele. La guerra dell'acqua è stata innescata giorni fa anche da Israele, che ha riversato l'acqua piovana verso i raccolti nella provincia libanese di Mais al Jalab. È stato richiesto l'intervento di Unifil e Laf per far cessare l'allagamento. Dalla base di «ItalBatt 1» sui monti di Marakah i Lagunari partono per i giri di sorveglianza lungo il Litani. Ventiquattro ore su ventiquattro. Sette giorni su sette. I Lince, i veicoli superblindati che in Afghanistan hanno salvato più di una pattuglia presa di mira dai talebani, dipinti di bianco e con le insegne Onu, controllano gli «Ep», gli entry point: punti di passaggio sul fiume Litani. Ai check point ci sono le Forze libanesi. I nostri militari sono dietro in copertura. «Abbiamo la responsabilità di 40 postazioni fisse - spiega un tenente dei Lagunari - poi facciamo una serie di pattuglie a piedi lungo il corso del fiume». I Lagunari di «ItalBatt 1» hanno la responsabilità di vigilare anche nella zona di Tiro, la più grande città del Sud. «Il nostro compito è quello della risoluzione 1701 - continua il tenente dei Lagunari - impedire che armi vengano contrabbandate attraverso il Litani che divide in due il Libano». In tutta la regione di Al Janoub è tornato l'esercito libanese con tre Brigate della Divisione Ariete. Sono loro che controllano la zona con posti di blocco ovunque e presidi armati anche con carri l'ingresso dei campi palestinesi. In questa area ce ne sono tre, Burj Ash Shamaili, Rachdye e El Buss, considerati ad alta tensione. I miliziani Hezbollah non si vedono in giro in armi. I manifesti che celebrano i martiri, coloro che sono morti nella guerra con Israele, invece, sono ovunque. Marcano il territorio. Staffette in motocicletta si aggirano lungo le strade e seguono i convogli dei militari di Unifil. Nei principali incroci ci sono sempre gruppetti di adolescenti intenti a giocare e pronti ad avvisare dell'arrivo dei caschi blu. Di giorno come di notte. Superano i convogli con le insegne UN, impinnando la moto e sgommando. Numerose le auto che girano senza targa. Hezbollah continua ad avere il completo controllo del territorio. Negli ultimi giorni tre soldati della Forza Unifil, nessuno italiano, sono stati blocccati da uomini armati mentre erano in viaggio sulle strade del Sud Libano. Tutti e tre erano in giro, due soldati spagnoli in permesso, il terzo senza autorizzazione. I miliziani dopo averli fermati in due diverse occasioni, sequestrato computer e macchine fotografiche, li hanno consegnati, con i loro bagagli, alle Forze regolari libanesi e queste al comando Unifil. È stata aperta un'inchiesta e i tre militari sono stati rimpatriati. Tutto senza chiasso e senza proteste. Hezbollah è proteso a conquistare seggi nel parlamento di Beirut alle prossime elezioni. I militari della «Pozzuolo del Friuli» a mantenere la pace.

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