Il segretario della Cgil vince la sua prova di forza e si rivolge direttamente al governo: «Subito un tavolo di confronto»
.Poco importano i numeri. Guglielmo Epifani e la Cgil hanno vinto la loro prova di forza. Alla fine dichiarano che la «marea rossa» che ha invaso Roma era composta da due milioni e 700mila persone (200mila secondo la Questura). Ed è un numero che è anzitutto un messaggio politico. Più di quelli portati in piazza dal Pd lo scorso 25 ottobre (2 milioni e mezzo), meno di quelli che, sempre al Circo Massimo, si strinsero attorno al «cinese» Sergio Cofferati che c'è anche stavolta e merita, comunque, un po' di rispetto. Nessun rispetto, invece, per il Partito Democratico che continua a barcamenarsi tra il dialogo e la lotta. Meglio fare da soli. Meglio affrontare il governo direttamente. L'opposizione, se vuole, potrà accodarsi. Il protagonista assoluto di questa soleggiata giornata romana è il segretario della Cgil. Gli esponenti politici fanno a gara per farsi fotografare mentre gli stringono la mano, i militanti lo portano in trionfo. C'è un popolo che odia Silvio Berlusconi e il governo. Il leader di quel popolo è lui: Guglielmo Epifani. E come tale si comporta. Al punto da portare sul palco, quasi fosse il Cavaliere, uno dei suoi cantanti preferiti: Shal Shapiro. Il suo intervento è un programma politico. Critica dura al governo che ha sottovalutato la crisi e ha messo in campo misure insufficienti, ma anche proposte concrete. Non misure «impossibili» afferma. Ma cose che si «possono e si debbono fare subito», senza aspettare che «passi la nottata», perché «è dalla nottata che dipende il nuovo giorno». Per questo il leader della Cgil chiede all'esecutivo di aprire «un tavolo vero» sulla crisi economica. «Si apra subito un tavolo di confronto - urla dal palco - per affrontare in modo serio, ordinato, coerente, la crisi. Questa non è una sfida, ma una richiesta per verificare di avere un tavolo con un vero confronto». Quattro i punti che, secondo Epifani, vanno affrontati immediatamente: «Le politiche industriali, investimenti e Mezzogiorno, la possibilità di chiedere il blocco effettivo dei licenziamenti per tutta la durata della crisi, per discutere delle condizioni e del reddito di pensionati, lavoratori e precari. E, infine, il tema della lotta all'evasione fiscale e della restituzione del Fiscal drag. Bisogna andare avanti contro i paradisi fiscali, ed estendere una moralità forte contro la piaga dei super stipendi e dei super bonus. Non è giusto che i manager guadagnino duemila volte più di un giovane apprendista o precario. Anche da noi con i compensi dei 100 manager più importanti si possono pagare i salari di 10mila lavoratori». Quindi una bordata a Palazzo Chigi. «Perché - si domanda - l'esecutivo non ha voluto, non vuole fare di più? Perché non percepisce l'urgenza di serie politiche industriali? Perché mette in cantiere solo misure faraoniche per i lavori pubblici? E non fa niente per le piccole e medie imprese, per accelerare la domanda ed aumentare l'occupazione?». Ma nel mirino del leader della Cgil non c'è solo il presidente del Consiglio che la folla fischia appena viene evocato. La piazza piena è anche l'occasione per punzecchiare un po' le altre sigle sindacali. «C'è troppo divario - attacca - tra ciò che il governo fa e ciò che dovrebbe fare. Per questo abbiamo scelto di stare in campo anche quando gli altri non ci hanno consentito di fare le battaglie che dovevamo fare insieme». Il tutto senza dimenticare Confindustria che «Ha fatto un gravissimo errore con l'accordo separato, perché la crisi esigeva unità e non divisioni tra le forze sociali». Così tra un ringraziamento al presidente Giorgio Napolitano e una citazione di Shal Shapiro, Epifani si toglie la soddisfazione di ricordare che 3,4 milioni di lavoratori, con il proprio voto, hanno sostenuto la scelta della Cgil di non sottoscrivere l'accordo del 22 gennaio scorso. Raffaele Bonanni si «dispiace che la generosità di tante persone venga utilizzata a fini elettorali e non sindacali». Luigi Angeletti cheiede ad Epifani di «dichiarare la sua disponibilità ad un accordo». Il Pd arranca cercando di tenere insieme Cgil, Cisl e Uil. Ma forse è troppo tardi. Il popolo del Circo Massimo non ha bisogno di Franceschini, ha già Guglielmo.