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«Fini? Posizione seria sul biotestamento»

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L'hacitato Gianfranco Fini nel suo intervento ufficiale. L'hanno citato i ministri Sacconi, Brunetta e Gelmini. Così come gli esponenti europei Martens, Doal, e Tajani. Titolo conquistato: "uomo più menzionato" al congresso appena chiuso del Popolo della libertà. Ovvio, dopo Silvio Berlusconi, ma sicuramente a dispetto di tanti nomi big presenti alla kermesse. Il nome di Mario Mauro, vicepresidente del Parlamento europeo, "formigoniano" doc vicino a Comunione e liberazione, è rimbalzato nella tre giorni da un discorso all'altro, da una stanza all'altra, dalla location dell'assise a palazzo Grazioli. Con somma sorpresa di tanti (anche un pizzico di invidia) a cominciare proprio da lui che ammette: «Proprio non me l'aspettavo». Quando il presidente della Camera ha chiuso il suo intervento al congresso facendo riferimento ad una sua citazione sulla laicità «come frutto della maturità del cristianesimo», Mauro era seduto in prima fila, «sorpreso ed emozionato». Sul serio non sapeva nulla? «No assolutamente. È stata davvero una bella sorpresa. Compreso il suo auspicio per la mia candidatura a presidente del Parlamento europeo». Auspicio e citazione del suo libro. Un bel segnale dal presidente della Camera. «Quella citazione dimostra come per Fini la questione del testamento biologico non sia un modo per distinguersi all'interno del Pdl». Come invece molti suoi colleghi di partito ritengono. «E sbagliano. Perché Fini affronta la questione con grande serietà, interrogandosi sul senso vero della vita, e sul senso che devono avere in questo scenario i poteri e le istituzioni». La sua posizione sul testamento biologico però è diversa da quella del presidente della Camera. «È vero. Ma non c'è nulla di anomalo se, all'interno di un dibattito o di un confronto, si parte dallo stesso punto e si arriva a conclusioni diverse». La sua qual è? «Quel che ci fa dire che lo stato vegetativo permanente, tipo Eluana Englaro, è vita viene dalla scienza, non dalla fede. È la scienza a darci indicazioni per cui il beneficio del dubbio questa volta è a favore della vita. Sono perciò d'accordo con il disegno di legge appena approvato dal Senato». Mentre per il presidente Fini è un provvedimento da «Stato etico più che laico». «Non credo che Fini parli per ideologia. È un segno di grande attenzione per la persona. Si pone degli interrogativi e comunque, come ha detto, prima di tutto c'è la persona. Sa qual è la stella polare che guida l'azione di questo governo?». Non saprei. «L'attenzione alle persone. I ministri, spesso accusati di essere punitivi, vedi Brunetta o la Gelmini, sono solo più esigenti con le categorie di persone che dipendono dai loro ministeri». Sembrando a volte un po' punitivi... «Cosa fa un genitore con un figlio che va male a scuola? Diventa più severo per ottenere da lui il massimo. Non c'è esempio più chiaro». Torniamo al congresso Pdl. Fusione Fi-An: è andata in porto definitivamente? «Senza dubbio. Alla fiera ho visto veramente un'unica famiglia». Anche in Europa è così? «Sono anni che nel Parlamento europeo, Forza Italia e Allenza nazionale, pur essendo in gruppi diversi, votano allo stesso modo». Come mai secondo lei quando si diventa presidente del Parlamento si tende a scontentare il partito di provenienza? «Dovendo garantire l'imparzialità a volte si è percepiti come parziali anche da quelli vicini a te. Ma è normale, fa parte del gioco». Nel caso in cui dovesse essere il prossimo presidente del Parlamento europeo, sarà più stile Casini, Bertinotti o Fini? «Preferisco cercare un esempio europeo». Tipo? «Be' tipo Hans Pottering (attuale presidente ndr). Uno che ha puntato la sua politica a ricordare il senso vero delle istituzioni». Perché negli ultimi 30 anni non c'è mai stato un presidente italiano in Europa? «Diciamo che buona parte di questi 30 anni è legata alla transizione italiana, periodo lungo e difficile. A questo poi bisogna aggiungere che l'Italia è tradizionalmente restia all'impegno in Europa». E infatti gli assenteisti restano... «Intanto ricordo che è stato il governo Berlusconi nel 2001 ad aver reso incompatibile il ruolo del parlamentare nazionale con quello europeo. Poi, gli assenteisti ci sono ancora. Ma sicuramente meno rispetto al passato». Berlusconi ha già detto che userà per le europee lo stesso criterio usato per le regionali: candidati giovani e bravi. «Sono d'accordissimo. Si è rivelata una carta vincente in Italia e lo sarà anche a livello europeo». In un'intervista di qualche anno fa lei disse che Roberto Formigoni è il nuovo Berlusconi. È ancora dello stesso parere? «Nutro una profonda stima ed antico affetto per Formigoni. Ma credo che oggi, nel Pdl, ci si ponga meno la questione della successione. Il tema vero è come realizzare il programma e fare il bene del Paese». Cosa si augura il candidato presidente al Parlamento di Strasburgo? «Guardi per ora sono il candidato come capogruppo del Pdl. Quello che arriverà dopo si vedrà...». Vabbè, allora cosa si augura il candidato alla guida del Pdl in Europa? «Di lavorare bene e ottenere il massimo dei consensi. Bisogna mettersi a pedalare e lavorare».

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