Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Tragedia in mare, dispersi 200 immigrati

Il rimorchiatore utilizzato per l'operazione di soccorso

  • a
  • a
  • a

{{IMG_SX}} Un altro viaggio della disperazione si è trasformato in tragedia. I dati sono ancora altalenanti e le notizie, dalla Libia, arrivano confuse e contraddittorie. Di certo si sa che un peschereccio con a bordo 257 clandestini, diretto verso l'Italia, è affondato a 30 chilometri dalla costa a causa dei forti venti e delle condizioni precarie dell'imbarcazione. Ma c'è chi sta ipotizzando che i clandestini fossero addirittura 300. Era salpato la notte tra sabato e domenica scorse dal porto di Sidi Bilal Janzur nei pressi di Tripoli e, dopo l'attraversata del Mediterraneo, sarebbe dovuto attraccare a Lampedusa. Non è sicuro nemmeno che i clandestini si trovassero in un'unica "carretta" come sostiene il ministro dell'Interno Libico Abdulfatah Yunes El Abdei: «Tre imbarcazioni sono salpate dal porto. Una è affondata ma ignoriamo se le altre due siano arrivate o meno a destinazione». E subito dopo riporta: «Al momento 23 immigrati di nazionalità africana e araba sono stati tratti in salvo e 21 cadaveri sono stati recuperati». Cifre confermate anche da Laurence Hart, responsabile per Tripoli dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni che però sembrano destinate ad aumentare con il passare delle ore. Ma la ricostruzione dell'intera vicenda diventa ancora più complicata da quando sono giunte le notizie, in un primo momento confuse, su una quarta barca con 350 persone a bordo. La carretta era rimasta danneggiata al largo delle cose libiche poco dopo la partenza avvenuta domenica. Ma, individuata dalla guardia costiera libica, è stata trainata a riva dal rimorchiatore italiano Asso 22 che si trovava nei paraggi. «Non c'era uno spazio libero - racconta il comandante di Asso 22, Francesco Barraco - ogni angolo era occupato da immigrati, sembrava una scena di quelle che si vedono soltanto in televisione». Secondo il comandante, i migranti erano in buone condizioni anche se il personale della nave non aveva avuto contatto con i clandestini. «Eravamo in navigazione dalla piattaforma petrolifera a Tripoli - continua Barraco - quando la guardia costiera libica ci ha chiesto di dirigerci in una zona dove c'era un barcone in avaria. Quando siamo arrivati sono saliti a bordo tre ufficiali libici e noi abbiamo rimorchiato il peschereccio fino al porto di Tripoli, dove siamo arrivati alle 14 di domenica». Intanto dal segretario generale del Consiglio d'Europa, Tarry Davis, arriva un'appello alle coscienze dei governanti dell'Unione per fermare i viaggi della disperazione e le continue stragi del mare: «Queste vittine si aggiungono a una lunghissima lista di migliaia di disperati che ogni anno muoiono nel tentativo di raggiungere l'Europa. L'unico modo per risolvere il problema è di creare risorse nei Paesi da cui gli emigranti provengono». L'Onu invece, attraverso l'Alto commissariato per i rifugiati, non usa mezzi termine e descrive l'evento come la «tragedia della disperazione».

Dai blog