«Procediamo a pacchetti»
Presidente,il percorso per le riforme parte già con un problema... «No, non mi sembra». Be', il Pd appare già diviso tra bozza Violante e nuovo testo. «Il Pd chi, scusi?». Usa un tono fermo Donato Bruno, presidente della commissione Affari costituzionali della Camera. Ovvero l'organismo ristretto nel quale la scorsa legislatura venne approvata appunto la bozza che porta il nome del predecessore di Bruno. L'organismo dal quale si dovrebbe ripartire. E in quel «Pd, chi?», c'è esattamente il sentimento prevalente del Pdl. Presidente, almeno la posizione espressa dal segretario del Pd. «Sta parlando di Franceschini?». Sulla carta è il segretario. «Sì, ma lo sarà ancora dopo le Europee?». Si augura di no? «No, per carità. Mi auguro ottima salute per Franceschini. È lui che ha detto che non resterà dopo. Credo però, e mi perdoni, che sia sbagliato proprio l'approccio con il quale abbiamo iniziato». E cioè? «E cioé, non condivido il fatto che si cominci dai problemi che sono sul tappeto. Allora: vogliamo fare o no una riforma che abbia il più largo consenso in Parlamento?». Bene, è una domanda che giro a lei? «Se quello è l'obiettivo, allora si deve partire da un testo che già il Parlamento, o almeno una parte di esso, ha approvato». La bozza Violante. «Appunto. Dico, si parli della bozza Violante, della modifica del 117 e quindi del premierato». Sta consigliando a Berlusconi di aspettare un po'? «Perché?». Be', pone i poteri del premier come terzo punto. «Allora non mi sono spiegato in maniera chiara. Ho solo elencato i punti, non ho dato una successione temporale». E allora veniamo ai tempi. Quando cominciare? «No, non ci siamo ancora. Scusi, stiamo parlando di una grande riforma costituzionale, che necessita di quattro passaggi parlamentari nei due rami. Se ci vogliamo mettere a correre non si può fare prima di un anno e mezzo. Ecco, non si tratta di un decreto d'urgenza. Non è così, non è questo l'argomento che si può approvare così, di corsa». Procediamo con calma. Bozza Violante, buona parte del Pd ci potrebbe stare, e chi altri? «Di Pietro ha già detto che con Belzebù, che sarebbe Berlusconi, non vuole fare alcuna riforma. L'Udc invece mi sembra molto più disponibile. Andiamo avanti e vediamo. Si apra un tavolo e si verifichi se c'è la volontà. La questione è questa: verificare se esiste la volontà». D'Alema sembra volenteroso, Franceschini meno. «E siamo di nuovo all'inizio della nostra chiacchierata. Se continuiamo così non andiamo da nessuna parte. Guardi, alle volte il Pd ha una posizione in commissione e un'altra in Aula. Ripeto, è sbagliato quell'approccio». E allora quali sono i punti di incontro? «La modifica dell'articolo 117 e l'abolizione del bicameralismo perfetto con un nuovo federalismo». Il 117 disciplina le competenze tra Stato e Regioni. Dove intervenire? «Energia, libere professioni, comunicazioni. Mi sembrano le questioni dove si sono creati maggiori scontri». Subito dopo il Senato? «Si tratta di una riforma complessa. Io non immagino un provvedimento che intervenga su cinquanta articoli. Si può pensare anche a più interventi su varie parti, in modo che se ci sarà un referendum non si rischia di buttare per una parte il tutto. Come avvenne l'altra volta». Una riforma a pacchetti? «Non c'è dubbio. Mi risulta che stia per arrivare un corposo provvedimento sulla giustizia che toccherà anche la Costituzione». Quando partire? «Subito. dopo Pasqua si può cominciare». Anche se ci sono le Europee? «E ci risiamo. Ma mica è un decreto che dobbiamo approvare in due settimane. Iniziamo, discussione larga, ampia. Poi si vedrà».